Radja Nainggolan (foto LaPresse)

La rivincita di Nainggolan

Leo Lombardi

Ci sono giocatori che hanno bisogno di tornare dove sono stati bene per essere nuovamente se stessi. Così il centrocampista belga, esubero dell'Inter, è diventato protagonista dei successi del Cagliari

Ci sono giocatori che hanno bisogno di tornare dove sono stati bene per essere nuovamente se stessi. Radja Nainggolan è l'ultimo esempio della serie. Domenica non solo è stato tra i migliori in campo ma, contro la Spal, ha aperto la strada alla vittoria con un tiro di quelli che non ti stancheresti mai di guardare: un destro in controbalzo dalla distanza, dalla potenza ragguardevole e dalla precisione straordinaria, andato a morire là dove nessun portiere potrebbe combinare qualcosa. Il segnale inviato da chi, a trentun anni, si era improvvisamente ritrovato in esubero, dopo una carriera a ottimo livello.

 

 

A Nainggolan è stata sufficiente una stagione di Inter per vivere tale condizione. Era arrivato nel 2018 dalla Roma tra squilli di tromba e proclami di vittoria, l'acquisto top con cui provare a tentare l'assalto alla Juventus, sotto la guida di un allenatore che lo conosceva bene come Luciano Spalletti. Ma se in giallorosso certi atteggiamenti erano emendati dalle prove sul campo e dall'abitudine dell'ambiente a metabolizzare (quasi) tutto, all'Inter non è stato possibile: vuoi per il nuovo corso imposto dall'avvento di Giuseppe Marotta come amministratore delegato, vuoi per gli infortuni muscolari. E se il primo aveva usato il pugno duro, con tanto di sospensione, per un arrivo in ritardo all'allenamento a fine dicembre, la condizione non ottimale aveva spesso impedito ai tifosi nerazzurri di apprezzare sul campo il giocatore spesso ammirato alla Roma: un centrocampista che non molla mai, duttile nell'atteggiamento, determinato nel contrasto ma senza dimenticare il gesto tecnico. Uno che eri costretto a prendere nel bene come nel male. Ovvero chiudendo un occhio sul vizio del fumo, su un filmato di Capodanno 2018 in cui le sigarette erano condite da alcol e bestemmie, sui duelli rusticani via Twitter con chi lo criticava (a cominciare dai tifosi dell'odiata Juventus), sulle serate in discoteca con un personaggio discusso come Fabrizio Corona.

 

Atteggiamento su cui aveva scritto la parola fine Roberto Martinez, selezionatore del Belgio, non convocando il centrocampista per il Mondiale in Russia. Atteggiamento su cui l'Inter contava in ravvedimenti, vista l'opportunità di un salto in alto professionale garantita al giocatore. Così non è stato e Nainggolan si è ritrovato accomunato a Mauro Icardi nel processo di rifondazione avviato da Antonio Conte, poco incline a gestire caratteri ribelli. Al belga non è bastato regalare l'accesso alla Champions League con il gol all'Empoli all'ultima giornata di campionato, sua ultima esibizione in nerazzurro. E, a differenza di Icardi, non ha fatto le bizze quando erano chiare le intenzioni del club. Si è opposto solamente quando lo stavano per cedere alla Fiorentina, dicendo chiaramente che avrebbe voluto tornare a Cagliari, dove lo avevano preso ragazzino a gennaio 2010 dal Piacenza e da dove si era congedato cinque anni mezzo fa per andare alla Roma. Un affare favorito non solo dalla determinazione del belga, ma anche dal rapporto privilegiato del presidente Tommaso Giulini, per il suo passato da dirigente interista, e dal trasferimento di Nicolò Barella in nerazzurro. Nainggolan doveva restare a Milano per quattro anni, se ne è andato in via in prestito gratuito dopo uno solo e dopo che erano stati spesi 40 milioni per averlo, nell'operazione - è sempre bene ricordarlo - che aveva comportato il trasferimento a prezzo irrisorio di Nicolò Zaniolo alla Roma.

 

Il ritorno a Cagliari ha fatto bene a lui e alla squadra rossoblù, che ha saputo metabolizzare la rottura del crociato dopo appena 45 minuti di campionato di Lorenzo Pavoletti, terminale offensivo fondamentale, e le due sconfitte iniziali in casa contro Brescia e Inter. Rolando Maran ha dato un impianto solido alla squadra, fatta di gente tendenzialmente intorno ai trent'anni, con l'unica eccezione del ventenne Luca Pellegrini arrivato in prestito dalla Juventus. Gente soprattutto in cerca di rivincite, a cominciare da Nainggolan ma senza dimenticare altri come Luca Cigarini, Marko Rog e Giovanni Simeone. Il risultato è che, dopo i primi due scivoloni, il Cagliari ha inanellato quattro vittorie e due pareggi per un totale di quattordici punti: mai era partito così bene da quando il successo viene premiato con tre punti. Si sono verificati contro dirette rivali ma anche contro big del campionato, come al San Paolo contro il Napoli, e senza dimenticare il pareggio in trasferta con la Roma. Oggi i sardi sono quinti in classifica, in una zona coppe europee impensabile alla vigilia. E con un Nainggolan tirato a lucido in più.

Di più su questi argomenti: