Ryan Lochte alle Olimpiadi di Londra 2012 (foto LaPresse)

Ryan Lochte è emerso dagli abissi

Giorgio Coluccia

Il nuotatore americano si è qualificato ai Trials dopo due squalifiche e tre anni difficili. Se riuscirà a qualificarsi per Tokyo 2020 parteciperà alla quinta Olimpiade

Il soldato Ryan è (quasi) salvo. La redenzione non è ancora completa, ma la strada sembra essere quella giusta. Soprattutto verso Tokyo 2020, che potrebbe ritrovare uno dei nuotatori più titolati e controversi degli ultimi tempi. Ryan Lochte, 35 anni, ha una bacheca che straripa di medaglie: 18 ori mondiali, 12 podi olimpici con 6 ori, 3 argenti e 3 bronzi. Poi all’improvviso una netta sbandata, a Rio 2016, il punto più basso della carriera. In vasca conquistò un oro nella 4x200 stile libero e un quinto posto nei 200 misti; fuori dall’acqua si macchiò di una notte da incubo, che lo costrinse addirittura a fuggire dal Brasile per evitare il carcere. Una bravata senza senso presso un distributore di benzina, assieme ai compagni di squadra Jimmy Feigen, Gunnar Bentz e Jack Conger. Raccontarono alla polizia di essere stati rapinati da due falsi poliziotti minacciosi e armati, salvo poi essere smascherati dalle telecamere di sicurezza mentre, ubriachi, compivano atti vandalici e urinavano in giro. Oltre alla figuraccia internazionale, Lochte rimediò 10 mesi di squalifica, ma nel maggio 2018 finì di nuovo in fuorigioco per una endovenosa di vitamine B12 oltre il consentito. Come se non bastasse, l’iniezione venne filmata e postata su Instagram. Sotto gli occhi di tutti, ancora. Altri 14 mesi di squalifica, un abisso profondissimo, fino ai primi giorni di agosto quando sulla scena si è riaffacciato il mistista Ryan, quello dei vecchi tempi. 

 

Dopo tre anni difficilissimi infatti è tornato ai campionati americani in California e ha vinto i 200 misti in 1’57”88, ben lontano dal suo record mondiale, ma il necessario per intascare la partecipazione ai Trials Usa, dove si giocherà il biglietto per Tokyo 2020: se sarà vera resurrezione lo sarà soltanto in Giappone, e per andarci deve arrivare tra i primi due ai trials olimpici di Omaha appunto. Però l’avversario principale e più insidioso sembra già battuto visto che il ritorno all’agonismo è stato accompagnato da un persistente trattamento per abuso di alcol in un centro di riabilitazione in Florida. A un certo punto, dopo aver sfasciato una camera d’albergo e la Porsche in un tamponamento, il suo avvocato Jeff Ostrow disse: "Sta lottando contro una dipendenza da troppo tempo, per lui è diventata un'abitudine distruttiva". Lo stesso Lochte l’anno dopo i Giochi Olimpici di Rio rese note le sue profonde difficoltà: "Ci sono stati momenti in cui mi sono ritrovato in lacrime a pensare che se fossi andato a dormire e non mi fossi svegliato più sarebbe stato un bene".

 

A risalire la china lo hanno aiutato il coach, Gregg Tory, e la moglie, Kayla Rae Reid, che gli ha regalato due bambini, Caiden e Liv. Da qui è sbocciata una nuova vita e una nuova carriera, parola del diretto interessato: "Non devo dimostrare nulla a nessuno, lo faccio per me e la mia famiglia. Tutto quello che faccio in piscina e fuori è per loro. Non sono più la stessa persona che ero tre anni fa, sono diverso e ho in mente soltanto i traguardi del 2020". Quella di Tokyo sarebbe la quinta Olimpiade per il nuotatore americano e l’obiettivo dichiarato è quello di piazzarsi al secondo posto tra gli atleti più medagliati, alle spalle di un mostro come Michael Phelps, ben saldo ai vertici con 28 podi. Lochte ha già superato Mark Spitz ed è a quota 12, con Jenny Thompson, Dara Torres e Natalie Coughlin. Sembrava perduto invece si è (quasi) messo in salvo. Ovviamente, nuotando.

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