Mirco Antenucci con la maglia della Spal (foto LaPresse)

Il salto triplo (all'indietro) di Antenucci

Leo Lombardi

L'attaccante lascia la Serie A e si riaffaccia in C con il Bari. Ma sbaglia chi pensi che sia finito in Puglia solo per cogliere l'ultimo ingaggio

Nel 2008 il salto triplo (verso l'alto), per passare dalla Serie C alla A. Una decina abbondante di anni dopo un altro salto triplo (all'indietro), per ritrovare la terza serie italiana. Mirco Antenucci si riaffaccia in Serie C e lascia la A con la casella del Molise vuota: era l'unico giocatore proveniente da quella regione. Lo fa ripartendo da una delle piazze più ambiziose della categoria. La fa ricominciando da Bari, dove riassaporano il calcio professionistico dopo anni di gestioni societarie zoppicanti e dopo articoli che parlavano più di partite vendute per le scommesse che di imprese sul campo.

 

Antenucci è l'uomo-vetrina della famiglia De Laurentiis, che il 31 luglio di un anno fa ha fatto ripartire il calcio in città, attratta dalle potenzialità della piazza (7.500 spettatori l'11 agosto per un match di Coppa Italia con la Paganese, giusto per rendere l'idea) e da un'amministrazione comunale che non ha eretto barricate quando si è trattato di dare in gestione al club il San Nicola, uno stadio mai amato e nato vecchio per il Mondiale del 1990. La permanenza in Serie D è durata un anno soltanto, con promozione immediata e propositi di ripetersi subito. La campagna acquisti è stata una conseguenza, fino ad arrivare ad Antenucci per l'appunto. Uno che il 20 aprile realizzava la sua ultima rete in Serie A, quella del 4-2 sul campo dell'Empoli e che valeva una salvezza anticipata per la Spal. Uno che non ha avuto dubbi a buttarsi nell'ennesima avventura di una carriera lunghissima, forte di un ricco contratto triennale che assicura un congedo lungo e protetto, a 35 anni da compiere l'8 settembre.

 

Ma sbaglia chi pensi che Antenucci sia finito a Bari solo per cogliere l'ultimo ingaggio. In ogni posto dove è andato, l'attaccante si è sempre fatto amare per la dedizione sul campo in ogni situazione. Come avvenuto a Leeds, nella Championship inglese. Due stagioni dal 2014 al 2016, per provare a dare concretezza al sogno di Massimo Cellino, congedatosi da Cagliari con l'obiettivo di ridare smalto a una piazza che aveva scritto la storia del calcio inglese a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. Un progetto mai andato a compimento, ma che aveva permesso ad Antenucci di lasciare il segno tra gol e prestazioni, per un addio tra i cori dei tifosi: omaggio e rimpianto al tempo stesso. Gli stessi cori che gli hanno dedicato a Ferrara, dove ha riportato una serie A che mancava da mezzo secolo, e che sono pronti a tributargli a Bari, dove si presenta con una dote di 141 reti realizzate dal 2002 a oggi.

 

In Puglia trova ingaggi, soldi, progetto e un amico che l'ha preceduto nella scommessa. Lui e Valerio Di Cesare avevano regalato la Serie A al Torino nel 2012, si ritrovano dopo sette anni con lo stesso obiettivo. Il difensore aveva accettato la sfida in Serie D, l'attaccante ci prova nell'unica piazza di Serie C “cui potevo dire di sì”. Troveranno avversarie complicate, a partire dal Catania con cui Antenucci aveva esordito in Serie A e con cui si era preso e lasciato tre volte, senza mai rendere stabile il legame. E poi l'Avellino, la Ternana, la Reggina, il Catanzaro. Non sarà una passeggiata con approdo in Serie B, come molti già pronosticano. Ma a Bari ci sarà comunque da divertirsi.

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