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Il ritorno di Walter Alfredo Novellino

Leo Lombardi

La serie C non incontrava l'allenatore da oltre vent'anni. Erano i tempi del Gualdo che rischiò la promozione in B. Ritorna ora a Catania

La serie C non incrociava Walter Alfredo Novellino da oltre vent'anni. Da quando, nel 1995, aveva lasciato Gualdo, dove aveva costruito un piccolo miracolo di provincia: prima la promozione in C1 e, la stagione successiva, lo spareggio per andare in B perso ai rigori contro l'Avellino. Ci è voluto un Catania in crisi, che ha chiamato il tecnico dopo aver cacciato Andrea Sottil e aver incassato il rifiuto di Carmine Gautieri (opinioni diverse sulla durata del contratto). Novellino, invece, non ci ha pensato su due volte, tanta era la voglia di rimettersi in gioco.

 

Perché lui è uno che vive di calcio e per il calcio, anche adesso che è vicino ai 66 anni. Un calcio che ha conosciuto da bambino, cresciuto a San Paolo, con papà e mamma là emigrati. San Paolo uguale Brasile uguale fantasia e tecnica. Quella che Novellino porta con sé all'approdo in Italia. Un limite, quando passa dalle parti del Torino, dove esordisce in serie A e dove viene considerato un giocoliere. Una virtù quando, a Perugia, incrocia Ilario Castagner, capace di costruire un gruppo in grado di sfiorare lo scudetto nel 1979, secondo dietro al Milan. Novellino non c'è già più, ha portato dribbling e testardaggine proprio nella squadra rossonera, quella della stella. Gioca sulla fascia, quasi da regista aggiunto come si usava a quei tempi: basti pensare a grandi interpreti del ruolo come Bruno Conti, Claudio Sala e Franco Causio, che lo chiudono in Nazionale in fasi diverse. Classe e carattere. Lo chiamano Monzon, in onore del pugile argentino, uno dei caratteri più sanguigni visti sul ring. Il soprannome glielo aveva affibbiato Giorgio Ferrini, uno che - in quanto a personalità – certo non scherzava al Torino.

 

Novellino resta al Milan alla prima retrocessione in serie B, quella del 1980 per le scommesse. Saluta alla seconda, quella del 1982 per demeriti propri. Gioca ancora per cinque anni, il fuoco non si è spento dentro ma il passo è più pesante. Chiude con una retrocessione in C proprio a Catania, riparte da Perugia come allenatore delle giovanili, fino a quando non viene cacciato Adriano Buffoni e, secondo abitudine, chiamano qualcuno dalle giovanili come sostituto. Novellino, per l'appunto, che in panchina non ha perso la spigolosità del carattere: troppo diretto per reggere con certi presidenti, come Luciano Gaucci. Prima esperienza in panchina e primo esonero, spettacolare. Ultima di campionato, il Perugia vince a Casarano e va allo spareggio 1993 per la B contro l'Acireale. Gaucci ha già rotto con il tecnico e scelto l'eterno Castagner per la stagione successiva. Novellino diventa una furia quando scopre che sull'aereo che riporta la squadra a casa c'è anche chi lo sostituirà. Morale: licenziamento immediato e la finale promozione la vince Castagner.

 

Novellino ha modo di rifarsi in una carriera lunghissima. Il biennio a Gualdo già ricordato, le promozioni in serie A a Venezia (1998), Napoli (2000), Piacenza (2001) e Sampdoria (2003). Sempre fedele al suo 4-4-2, sempre accompagnato da certi giocatori. Su tutti Sergio Volpi, cui affida la regia a fianco di quelli che chiama “cagnacci” (prima Beppe Iachini, poi Salvatore Miceli). I due non sono insieme soltanto a Napoli, le altre tre promozioni hanno firma doppia. E Genova resta l'ultima isola felice dell'allenatore, che rimane lì fino al 2007, la sua esperienza più lunga in un club. Gli anni successivi sono complicati, tra chiamate in corsa ed esoneri brucianti, come quello doppio al Torino. Catania lo accoglie determinato come non mai: “Non ho impiegato neanche un minuto a dire sì”. Il calcio ritrova un grande organizzatore di squadre, a volte anche del tempo libero dei suoi giocatori. Un sergente di ferro vecchia maniera, dedito 24 ore su 24 al pallone (“Dopo una partita o un allenamento devo lavorare, capire dove ho sbagliato”). Uno che serviva per risvegliare Catania.

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