E se la sorpresa dei Mondiali in Qatar fosse proprio il Qatar?

Emmanuele Michela

Mancano quattro anni all'appuntamento con la Coppa del Mondo. Nelle ultime settimane la Nazionale del paese arabo ha battuto la Svizzera e fermato l'Islanda. Una luce in mezzo alle tante ombre che accompagnano la preparazione dell'evento

Parla di tutto Gianni Infantino a quattro anni dall’inizio ufficiale della Coppa del Mondo di calcio in Qatar. La possibilità di allargare il torneo a 48 squadre, la prospettiva di coinvolgere altre città arabe nell’ospitare la competizione, fino all'idea che il calcio potrà essere veicolo di pace e cooperazione per l’area mediorientale. E pure delle condizioni di lavoro terribili in cui si trovano le migliaia di lavoratori che da anni sono impegnati nella realizzazione degli stadi che ospiteranno il torneo. “Senza la Coppa del Mondo il dibattito sui diritti umani e il welfare dei lavoratori non ci sarebbe stato”, ha detto il numero uno della Fifa in un’intervista a BeInSports. Un po’ poco, forse, anche se in effetti qualche progresso pare effettivamente ci sia stato, sebbene a oggi gli impianti in cui si giocherà il Mondiale continuino a crescere sotto la forza lavoro di operai africani e asiatici pagati 5 dollari al giorno.

 

Un reportage del Guardian dallo Stato del Golfo ha fotografato le condizioni in cui questi operai lavorano. In gran parte si tratta di migranti arrivati dal Ghana, dal Nepal o dal Bangladesh con la prospettiva di fare un lavoro che fosse ben pagato in uno degli Stati più ricchi al mondo, ma che alla fine si sono ritrovati a guadagnare pochi soldi al giorno. Si stima che negli ultimi anni siano morte centinaia di persone, ma leggendo l'articolo si può dire che qualcosa è cambiato. Almeno dal punto di vista delle condizioni generali: niente più stanzoni sovraffollati, corsi di sicurezza per ogni lavoratore, tassi di incidenti sul posto di lavoro diminuiti e perfino campi da calcio e palestre per distrarsi nel tempo libero. Restano però le paghe da fame (40 dollari alla settimana) e l’impressione di un torneo che si stia costruendo sulla pelle dei poveri per dare lustro ai ricchi.

 

Per la Fifa il torneo del 2022 sarà un passaggio cruciale, nella speranza di rilanciare la credibilità di un’istituzione sempre più fragile. Infantino ha messo sul piatto anche la possibilità (remota, sì, ma non impossibile) di allargare il torneo a 48 squadre, coinvolgendo nell’organizzazione della Coppa anche altre città dell’area mediorientale. “Magari il calcio può essere un modo di costruire ponti”, ha detto in un’intervista al Guardian. “Lo abbiamo visto bene con la selezione per i Mondiali del 2026: il diritto organizzare la Coppa del Mondo è stato assegnato a tre Paesi (Usa, Canada e Messico) che penso pure non abbiamo le migliori relazioni politiche e diplomatiche. Ma il calcio fa miracoli”. E ancora: “Il Qatar avrà 8 stadi, e si sta preparando per un Mondiale di 32 squadre. Non occorre essere Einstein per capire che sarà dura organizzare una coppa da 48 in 8 stadi in un solo Paese. Quindi occorrerà condividere alcune delle gare aggiuntive con altri Stati”. Aspetto che però, chiaramente, complica la realizzazione del progetto.

 

Chi invece sembra lanciatissima verso il Mondiale è la Nazionale del Qatar che nel 2022 sarà al debutto nella massima competizione calcistica e, anche se qualificata perché paese ospitante, non intende fare figuracce. Nelle ultime settimane ha prima battuto, a sorpresa, la Svizzera 1-0 a Lugano, poi fermato sul 2-2 l’Islanda, ben figurando in due amichevoli contro avversarie ben più avanti nel ranking Fifa. Tra i giocatori più in vista c’è il 22enne Akrim Afif (in gol contro gli elvetici), di proprietà del Villareal ma in prestito all’Al Sadd, club dove gioca con vecchie conoscenze europee del calibro di Gabi e Xavi, quest’ultimo assunto dal 2015 (e pagato quasi 8 milioni l’anno) con lo specifico compito di far crescere nuove leve tra i giovani locali. Non è un caso, forse, se dei ragazzi in campo contro l’Islanda (in un match giocato sul “neutro” di Eupen, in Belgio, dove il club locale è controllato dalla qatariota Aspire Foundation per lanciare in Europa calciatori del Golfo) solo quattro erano nati fuori dal Qatar.

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