Tom Dumoulin (foto LaPresse)

A Oropa Dumoulin fa il padrone del Giro

Giovanni Battistuzzi

La Maglia Rosa batte tutti gli avversari sul terzo arrivo in salita di questa edizione. Quintana prova ad attaccarlo, ma rimbalza, Nibali perde, ma è ancora in corsa

Castellania è principio, il Santuario d’Oropa è conclusione; Castellania è Fausto Coppi, il Santuario d’Oropa è Marco Pantani; Castellania-Santuario d’Oropa è Giro d’Italia, quattordicesima tappa, 131 chilometri, arrivo in salita, il terzo di questa edizione, il primo alpino.

 

Fausto Coppi a Castellania, un centinaio di anime a poche decine di chilometri tra Novi Ligure e Tortona, ci nacque il 15 settembre 1919, uno dei tanti figli dell’immediato dopo guerra. Da Castellania iniziò a pedalare verso Novi, e da lì conquistò tutto, divenne il ciclista più forte di quell’epoca, uno dei grandi miti del ciclismo. Marco Pantani a Castellania ci passò per rendere onore alla memoria del Campionissimo e al Santuario d’Oropa realizzò una delle sue imprese più incredibili: caduta di catena a poco più di otto chilometri dall’arrivo, la corsa che si infiamma, Jalabert che scatta, prova a fare il vuoto, il Pirata che insegue, recupera quarantanove corridori, raggiunge il francese, scatta di nuovo, vince in Maglia Rosa.

 

Era il 1999, diciotto anni fa, ricordo maggiorenne. Oropa rientra oggi in programma al Giro dopo una lunga rincorsa pianeggiante prima degli ultimi 11,8 chilometri di ascesa, di scalata e di scale. Perché Oropa è cambio di pendenza continua, rampe che si fanno piccoli piani, falsopiani che diventano impennate e impennate fetenti, cattive, spaccagambe. Terreno buono per duriamorire, per anime votate alla fatica, che logora la coda del gruppo prima per poi diventare afida di testa. Quella di Tom Dumoulin contro tutti, davanti a tutti, prima di tutti: da padrone e da campione, da primo in classifica e primo della classe.

 

Undici chilometri e ottocento metri che sono potenza, leggerezza, tattica e sprint, quello finale e vincente, proprio nel giorno che gli altri dovevano attaccare. E invece tutti dietro, tutti in fila, tutti a scoprire quanto questo olandese di un metro e ottantasei con un mento grande come una salita, possa andare forte anche quando la strada si fa irta sotto le pedivelle.

 

E' la Movistar a far scoppiare il gruppo che la salita è appena iniziata. E' Adam Yates a far deflagrare le gambe dei più forti, prima del contrattacco di Domenico Pozzovivo e quello di Nairo Quintana che lascia sui pedali in molti e sulla sua scia solo il russo Ilnur Zakarin. Cinquecento metri e poco più, prima del tentativo di assolo del colombiano che poco prima dello striscione dei tre chilometri al traguardo si ritrova davanti a tutti, con la Maglia Rosa che come un treno rincorre, recupera, si avvicina, rientra quando alla cima mancano due chilometri, poi affonda e sono gli altri a pagare il conto: Ilnur Zakarin pochi metri, Mikel Landa e Nairo Quintana pochi secondi, Thibaut Pinot e Vincenzo Nibali poco più di mezzo minuto, tutti gli altri abbastanza da sentirsi tagliati fuori da velleità di alta classifica.

Nibali ha perso ancora, ancora ha mollato negli ultimi tre chilometri: 46 secondi di ritardo oggi, tre minuti e quaranta in classifica. Tanti, certo, ma forse non abbastanza per tagliarlo fuori dai sogni rosa. Perché per ora si sono scalate montagne singole e lui si trova meglio quando queste sono a ripetizione; perché per ora si è quasi sempre salito e mai disceso; perché le gambe sono necessarie, ma molte volte il Giro lo si vince di coraggio e quello lo Squalo ne ha da vendere. Nonostante le sentenze di oggi.

 


Giro d’Italia fisso – la rubrica di Maurizio Milani


 

Nella tappa di Oropa sarò vestito da uomo pomodoro lungo il percorso. Nessuna ditta di conserve mi ha ingaggiato. Quindi faccio pubblicità gratis. Anzi mi ci sveno. Il costume da uomo pomodoro mi è costato 1.500 euro. Chiunque volesse ingaggiarmi può scrivere al Foglio, oppure commentare qui sotto.