Andrea Agnelli (foto LaPresse)

Si smonta il processo mediatico su Andrea Agnelli e la 'ndrangheta

Redazione

Il procuratore della Figc Giuseppe Pecoraro, ascoltato nuovamente dall'Antimafia, ritratta sull'intercettazione che avrebbe incastrato il presidente della Juve: "Non è sua" 

Un po' alla volta il processo sulla Juventus e sui presunti rapporti tra il presidente Andrea Agnelli e la 'ndrangheta si sta dimostrando per quello che è: un processo mediatico. Il Foglio aveva già cercato di spiegare come la principale accusa rivolta al numero uno bianconero si fondasse, in realtà, su un'intercettazione inesistente. E oggi è arrivata la prova definitiva. A fornirla colui che con le sue dichiarazioni, secretate ma comunque uscite dalla commissione Antimafia, aveva dato fiato a tifosi e giustizialisti: il procuratore generale della Figc, Giuseppe Pecoraro.

 

Chiamato nuovamente davanti alla commissione presieduta da Rosy Bindi, Pecoraro ha dovuto chiarire (e ritrattare) parte di ciò che aveva detto nella prima audizione. "Sono qui - ha esordito - per integrare quanto detto il 7 marzo scorso. E anche nella speranza di chiudere le polemiche susseguite dopo quella data e di bloccare un processo mediatico inopportuno che non fa bene né alla giustizia sportiva né a quella ordinaria".

 

Si comincia dall'intercettazione incriminata. "L'intercettazione di cui si è parlato l'altra volta, su cui sono state dette tante cose - ha spiegato -, è un'interpretazione che è stata data. Noi abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza fra Agnelli e Dominello, ma probabilmente era del pm quella frase. Anzi, da una lettura migliore la attribuisco al pubblico ministero". Secondo la prima versione, infatti, in una telefonata tra il presidente bianconero e il dirigente Alessandro D'Angelo, parlando di Rocco Dominello (capo ultras, "portavoce" della curva bianconera attualmente indagato per associazione mafiosa), Agnelli dimostrava di sapere perfettamente che il tifoso aveva legami con la criminalità organizzata. Poi si è scoperto che la telefonata era tra D'Angelo e un altro dirigente, Francesco Calvo ("Sì però parlavano di Agnelli" si disse). Ora si scopre, finalmente, che il numero uno della Juventus non c'entrava niente.

 

E non finisce qui, perché Pecoraro ha anche respinto l'accusa di aver accostato il nome di Agnelli alla 'ndrangheta. "Io non faccio la Procura ordinaria - ha aggiunto -, io mi occupo della gestione dei biglietti, poi se c'è una permeabilità della dirigenza juventina con la 'ndrangheta non riguarda me, ma la Commissione, e ha riguardato la Procura ordinaria (nel processo in corso la Juventus non è minimamente coinvolta ndr). Io mi occupo dei biglietti. Ho dato degli elementi alla Commissione, la cosa certa è che i biglietti sono stati dati anche a persone legate alla criminalità, questo è il dato. Sarà il giudice sportivo a tenerne conto, ma non chiedetelo a me. Chi dominava nel bagarinaggio dei biglietti dello Stadium era Dominello, il resto lo fa la Procura ordinaria. Ora, il tribunale federale nazionale della Figc e, in secondo grado, la Corte d'appello federale valuteranno se le mie interpretazioni saranno accoglibili o meno. La procura federale si è basata solo su atti dell'inchiesta 'Alto Piemonte' e tengo a specificare che ciò che può non essere rilevante per giustizia ordinaria lo può essere per sportiva".

 

La Juventus, il cui presidente è stato deferito dallo stesso Pecoraro, non ha mai contestato l'accusa sui biglietti. Ciò che contestava era proprio l'idea che Agnelli potesse aver avuto rapporti, consapevoli, con esponenti della 'ndrangheta. A questo punto lo scenario cambia radicalmente. Non si parla più di rapporti ma di possibili infiltrazioni. La stessa Rosy Bindi ha sottolineato che "in Italia le mafie arrivano persino alla Juventus e questo è chiaro". Ma ha anche aggiunto che "in quella
telefonata non si sta parlando del presidente della Juventus Agnelli".

 

Ciò nonostante la commissione Antimafia sentirà il presidente della Juventus nelle prossime e settimane. E, entro l'estate, verranno sentiti il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, il capo della Polizia Franco Gabrielli, i presidenti delle leghe di Serie A e B oltre ai presidenti di Genoa, Crotone, Lazio, Roma, Inter, Milan e Napoli.