Costante Girardengo

Meno 92 giorni al Giro100: la croce di Girardengo tra le farfalle molisane

Giovanni Battistuzzi

Sul Valico del Macerone inizia il calvario di Girardengo che arrivato a Roccaraso abbandonerà in modo teatrale il Giro d'Italia del 1921. Quell'edizione la vincerà Giovanni Brunero

Quando il dottor Elfred Magnusson, danese di Copenaghen, si trasferì nelle vicinanze di Isernia per studiare uno strano esemplare di farfalla, in molti in terra danese lo considerarono fortunato. Lasciava il freddo inverno per una tiepida primavera e una calda estate, la pioggia per il sole. E così quando il dottor Elfred Magnusson riferì ad amici e colleghi che lì dove si era trasferito non era poi così il paradiso che immaginavano in pochi ci credettero, in molti lo accusarono di stare scherzando o peggio di prenderli in giro. Fu l’arrivo di due suoi colleghi per le vacanze estive a fugare tutti i dubbi. Giunti a Isernia ci impiegarono quasi sette ore in carrozza per percorrere i 18 chilometri che li separavano da Forlì del Sannio, il paesello dove aveva trovato ospitalità l’entomologo. Era il 1913, di automobili laggiù non ce ne erano e i due luoghi erano collegati da una sola strada: una serie infinita di curve di ghiaia e buche, un continuo su e giù, che iniziava dolce prima di inerpicarsi verso una parete di faggi e pascoli giallognoli. I due studiosi, di corporatura massiccia e colmi di valigie, si ritrovarono fermi a sopportare le bizze del cavallo che non voleva più salire. Dovettero essere portati a destinazione a dorso di mulo dato il fermo rifiuto a proseguire di colui che trascinava la carrozza.

Otto anni dopo il passaggio dei due studiosi, quella stessa strada riservò grossi problemi a un'altra persona. Non uomo di studio questa volta, ma di sport, di ciclismo. Era il 1921 e poco chilometri prima del Valico del Macerone nel corso della quinta tappa, la Chieti-Napoli, 264 chilometri, colui che sino ad allora si era aggiudicato tutte e quattro le tappe disputate si toccò con un suo gregario finendo sulla ghiaia a cinquanta all’ora. Rialzatosi Costante Girardengo aveva male ovunque: fitte al costato, una gamba tutta insanguinata, un polso in una posizione innaturale. Si rimise comunque in sella, pedalando per qualche chilometro su di una strada che sembra verticale da quanto è ripida. Si fermò, scese di bici. Era pronto al ritiro quando il fidato direttore sportivo lo convinse a forza di insulti a continuare. Girardengo rimase in sella per quasi quaranta chilometri in un continuo digrignar i denti, unica arma per sentire meno dolore. Arrivato al Pian delle Cinque Miglia sopra Roccaraso, si fermò. Era stremato e il solo gesto di respirare gli provocava dolori allucinanti. Gettò la bicicletta per terra e disegnò una croce con in piede sulla ghiaia. “Girardengo si ferma qui”, disse prima di sedersi nella macchina della squadra.

 

Vincitore: Giovanni Brunero in 120 ore 24 minuti e 58 secondi;

secondo classificato: Gaetano Belloni a 41 secondi; terzo classificato: Bartolomeo Aymo a 19 minuti e 47 secondi.

Chilometri percorsi: 3.107.

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