A Carpi una nuova impresa è possibile

Leo Lombardi
La squadra emiliana per la prima volta è fuori dagli ultimi tre posti. Merito di Fabrizio Castori che da quando è ritornato in panchina dopo l'esonero ha compiuto una contro rivoluzione, ridisegnando la squadra attorno agli uomini della promozione di un anno fa. Un Nereo Rocco (quello del Padova) dei tempi moderni, che non disdegna il bel calcio ma che va innanzitutto al sodo.

Finisca come finisca, comunque è già un successo. Il poco sopportato (da Claudio Lotito) Carpi, l'ospite inatteso al banchetto della serie A, la squadra che avrebbe dovuto vivere una stagione di luce riflessa tra le grandi per poi subito sparire, è più vivo che mai. Anzi, si concede addirittura il lusso di non ritrovarsi per la prima volta tra le ultime tre della classifica. Una bestemmia, per coloro che pensano che il campionato sia un affare da elette, senza rendersi conto di dove invece stia rotolando il pallone tricolore. Eppure il Carpi resiste, imperterrito. Va alla ricerca di una seconda impresa, che faccia seguito alla promozione inaspettata di un anno fa.

 

Una compito reso possibile dal ritorno in panchina di Fabrizio Castori, artefice dell'inatteso salto in serie A e, se sarà possibile, di una ancor più inattesa salvezza. Perché è inutile girarci intorno, se Carpi è diventato ciò che è, lo deve a questo debuttante di 61 anni. Lo deve al suo progetto di un gioco fatto di dedizione, di determinazione, di corsa. Un Nereo Rocco dei tempi moderni, che non disdegna il bel calcio ma che va innanzitutto al sodo. Non il Paron del Milan, ma quello del Padova. Il Carpi, come quella squadra, non è frutto di grandi nomi, ma sono quei nomi che Castori aveva difeso al mercato in estate e che ha rivoluto a gennaio, operando una personale controrivoluzione, una volta ripreso possesso della panchina. Perché anche lui, come i sovrani rimessi al loro posto dopo l'eresia napoleonica, aveva dovuto patire l'esilio per fare spazio a Giuseppe Sannino, voluto dal ds Sean Sogliano. Esonerato il primo, licenziato poco dopo il secondo, Castori ha avuto mano totalmente libera, ripartendo dal programma lacrime&sangue. I suoi l'hanno seguito, recuperando lo spirito che aveva portato alla promozione: non a caso la formazione abituale è composta per nove o dieci undicesimi da chi la passata stagione era in serie B. E' il Carpi di Lollo e di Di Gaudio, di Bianco e di Romagnoli, di Mbakogu e dell'incredibile bomber Lasagna, uno che un paio di anni fa stava in serie D e oggi disegna parabole su punizione degne di Cristiano Ronaldo. E sullo sfondo lui, quel Fabrizio Castori passato dall'abisso di una rissa in un playoff con il Lumezzane (con relativa squalifica di un anno) al paradiso di oggi, attraverso esoneri, promozioni e una personale espiazione fatta di volontariato come tecnico del San Patrignano. Conscio delle proprie umili radici calcistiche, ma altrettanto consapevole delle proprie qualità di allenatore.

 

 

Una lunga gavetta, quella di Castori. Una carriera fulminante quella di Vincenzo Montella che, non ancora quarantenne, si consolava a Catania della delusione di non essere stato confermato dalla Roma. Ai giallorossi aveva dato tantissimo in termini di gol sul campo e altrettanto era pronto a dare dopo aver preso la squadra in corsa, al posto del dimissionario Claudio Ranieri. Una disponibilità neppure valutata dalla società (andata a scegliere Luis Enrique), con grande scorno di Montella. A Catania, la prima rivincita, a Firenze quella successiva, ma sempre con un malessere di fondo, caratteristico delle ultime stagioni dei toscani: applausi per il bel gioco ma risultati non considerati all'altezza delle aspettative. Era successo con Cesare Prandelli, capita nuovamente con Montella che, come il predecessore, si lascia malissimo con la famiglia Della Valle. Un'estate fermo ad aspettare invano, poi una chiamata del cuore, di quella Sampdoria che lo aveva consacrato attaccante dopo averlo strappato, con un dispetto malvagio, ai cugini del Genoa. Tutto sembrava fatto per l'happy ending: il ritorno in una città amata, la stima dei tifosi, le relative difficoltà a fare meglio dell'esonerato Walter Zenga. Niente di tutto questo. Montella sta toccando con mano la fatica di gestire una squadra non costruita da lui, fatta più di nomi che di giocatori, capace di vincere appena due partite nel girone di ritorno, contro Frosinone e Verona, la penultima e l'ultima in graduatoria. L'esatto contrario di Carpi e di Castori, in un mondo che si sta capovolgendo. E in una classifica che rischia a sua volta di capovolgersi.

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