Perché Pokemon Go ha vinto

Eugenio Cau

A distanza di un anno e mezzo non è sparito, ha smesso di essere un fenomeno di massa ma è ancora uno dei giochi per smartphone più popolari di sempre

[Se volete ricevere ogni settimana nella vostra casella di posta "Silicio", la newsletter del Foglio curata da Eugenio Cau, potete iscrivervi gratuitamente, cliccando qui]  

 


  

PERCHÉ POKEMON GO HA VINTO

Ricordate Pokemon Go? Era il gioco di realtà aumentata con i Pokemon che per qualche mese prese d’assalto il mondo. A partire dal giugno 2016, e poi per tutta l’estate, sembrava che il mondo intero avesse perso la testa e andasse in giro per strada a tutte le ore brandendo lo smartphone per catturare Pokemon virtuali e contendersi le “palestre”.

 

 

Era una mania incredibile, di cui noi dei media ci occupammo con foga. Sembrava che tutti volessimo giocare a Pokemon Go, non se ne poteva fare a meno, a un certo punto alcuni cimiteri furono costretti ad aumentare la sorveglianza perché i ragazzetti andavano in giro tra le tombe schiamazzando per catturare Pokemon rari.

 

Pochi giorni fa è perfino uscito un paper della Purdue University che testimonia che Pokemon Go, in quei mesi folli dopo la sua uscita, aveva provocato morti, feriti e milioni di dollari di danni. I ricercatori della Purdue avevano studiato i registri della polizia della contea di Tippecanoe nell’Indiana, e avevano scoperto che soltanto in quel minuscolo lembo d’America nei primi 148 giorni dalla pubblicazione del gioco c’erano stati 286 incidenti stradali perché la gente giocava a Pokemon Go guidando o camminando distrattamente. Praticamente due al giorno. Questi incidenti avevano provocato due morti, moltissimi feriti e danni stimati tra i 5 e i 25 milioni di dollari. Solo a Tippecanoe. Questo per farvi capire fino a che punto il rapimento da Pokemon Go era stato pervasivo.

 

Noi osservatori eravamo convinti che Pokemon Go fosse lì per rimanere. Che Niantic, l’azienda creatrice, avesse trovato una formula perfetta che avrebbe potuto essere riprodotta ovunque (vuoi catturare un Pokemon raro? vieni da Starbucks!). Ne abbiamo scritto un po’ tutti, con toni entusiastici o scettici, ma in gran parte convinti che il fenomeno fosse reale. Era giugno, di lì a uno-due mesi siamo andati tutti in vacanza. Quando siamo tornati, Pokemon Go era sparito.

 

Sparito nel senso che ormai tutti avevano smesso di parlarne, che il ciclo estivo delle news era tornato su temi più salienti (la sciagurata campagna elettorale americana), e che pian piano tutti ci siamo dimenticati di Pokemon Go, e abbiamo cancellato la app la volta successiva che ci è arrivato il messaggio: “Spazio sul telefono in esaurimento”. Noi tutti che avevamo fatto previsioni rivoluzionarie ci siamo sentiti un po’ scornati: ecco qua, ci siamo fatti ingannare di nuovo (succede spesso).

 

A distanza di un anno e mezzo lo posso dire: forse non ci eravamo ingannati e quella rivoluzione c’è stata per davvero. Anzitutto perché Pokemon Go non è sparito. Ha smesso di essere un fenomeno di massa ma è ancora uno dei giochi per smartphone più popolari di sempre, con milioni di utenti e aggiornato in continuazione. La Niantic poi ha da poco annunciato che farà un gioco nuovo basato su Harry Potter, e si prospettano altri mesi di isteria al momento dell’uscita.

 

Poi perché forse Pokemon Go non avrà fatto proprio proprio la rivoluzione, ma ha aperto una strada. Anzitutto perché prima raccontare la realtà aumentata (e la realtà virtuale: sono cose molto diverse ma in questa fase primigenia va bene farle passare per sinonimi) era difficile, mentre oggi si dice: “Tipo Pokemon Go”, e tutti capiscono. Questo ha reso molto più facile per tutti gli altri parlare di realtà aumentata. Pensate all’ultimo keynote di Apple, in cui una parte consistente del tempo si è parlato proprio di questo. Non sembra Pokemon Go?

 


 

 

Se decine di milioni di persone hanno usato per la prima volta la realtà aumentata – vale a dire: quella tecnologia che nei prossimi decenni diventerà ubiqua e sarà usata in molteplici campi, dal consumo di media alla ricerca medica – il merito è di Pokemon Go. Forse non entrerà nei libri di storia, ma una piccola rivoluzione l’ha fatta. L’azienda è perfino ancora florida, il che è raro. Mi sento un po’ meno scornato, forse le nostre previsioni tech non sono tutte da buttare via.

 


 

VALLEY E ALTRE VALLEY

 

  

Cosa è successo questa settimana

  • La polemica più interessante di questa settimana è quella tra Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook, e la sua vecchia azienda. Parlando durante una conferenza a Stanford, Palihapitiya è andato giù durissimo su Facebook, dicendo che si sente in colpa per l'azienda che ha aiutato a creare. “Penso che abbiamo creato degli strumenti (i social media, ndr) che stanno distruggendo il tessuto sociale… Il continuo bisogno di connessioni per avere nuove scariche di dopamina sta distruggendo il modo in cui la società funziona”, ha detto. “Non c’è discussione civile, non c’è cooperazione, solo misinformazione e diffidenza. E questo non è un problema americano – non riguarda le interferenze dei russi. E’ un problema globale". Qui sotto potete vedere il video di Palihapitiya e qui potete leggere la risposta di Facebook, altrettanto dura.

  

 

  • A proposito di Facebook (questa è stupenda). Il social network ha fatto una ricerca su se stesso e ha dimostrato che… passare tanto tempo sui social media ci rende miserabili. Davvero l'ha fatto.
  • L'altra storia gigantesca, ovviamente, è che con un colpo di penna una commissione governativa americana ha cancellato la net neutrality (in America, da noi regge anche se maluccio). Questo dà alle compagnie che forniscono la rete internet onnipotenza su quali siti rendere più veloci e quali siti rendere più lenti – e quali siti cancellare del tutto.
  • Commento sulla decisione sulla net neutrality: getta internet nel peggiore dei mondi possibili, in cui solo i giganti possono sopravvivere.
  • Twitter ha reso più facile concatenare un tweet all'altro per fare discorsi lunghi. C'è chi dice che vuole favorire le tweetstorm.
  • Instagram adesso consente di followare gli hashtag. Wow.
  • Google ha lanciato tre nuove app per fare le fotografie.
  • Per tornare al tema di: il tech ci rovina la vita. Una compilation con le migliori richieste di perdono del 2017 da parte di dirigenti della Silicon Valley colti con le mani nella marmellata.
  • Guardate la foto qui sotto. Lo vedete quel fastidiosissimo capello sullo schermo? Non vi viene voglia di spostarlo, magari facendo clic? Pubblicità malefica di una marca di scarpe, su Instagram. (via Twitter)

  

 

  • Questo è un po' tecnico, ma è un caso sospetto di cui sentiremo parlare di nuovo. Qualche giorno fa tutto il traffico di Google, Facebook, Microsoft e altri è stato "spostato" in Russia, non si sa per quale ragione.
  • A questo proposito: una guida molto completa su tutte le contromisure che potete adottare per evitare di essere spiati online (non necessariamente dagli hacker: anche i siti normali sono pieni di tracker e cookie).
  • Soylent (l'azienda di beveroni che sostituiscono i pasti) cambia ceo.
  • A Londra hanno fatto una hackathon su "il futuro del sesso". Molto lattice.
  • Siete dei millennial e avete appena fatto un figlio (ormai è ora). Visto che siete dei millennial siete ansiosi e maniaci del controllo e vi rivolgete alla rete per spiare e monitorare in continuazione il vostro bambino e magari tutti gli altri vostri cari. Business insider ha selezionato le app che fanno per voi.
  • Spotify e Deezer hanno accusato Apple di abuso di posizione dominante.
  • Nove agenzie di stampa europee contro Google e Facebook: noi facciamo il lavoro sporco giornalistico e voi incassate i soldi della pubblicità – se ne stanno accorgendo, piano piano.
  • Twitter ha fatto una pubblicità per la tv molto divertente, che sfrutta uno dei grandi problemi di Twitter: è difficile da usare. La potete vedere qui sotto. (Se non sapete chi è Kenny G, è lui).

  

 

 


 

VIDEO BONUS 

Si dice sempre che non è il caso camminare per strada mentre si è assorbiti a chattare con il cellulare. Ma quello che succede a questa signora in Cina ripresa dalle telecamere a circuito chiuso va davvero oltre. Entra per sbaglio in un parcheggio automatizzato, sprofonda nel terreno e poi si fa investire (non si è ferita gravemente, per fortuna).

  


 

LONG READ, METTETEVI COMODI

Bella analisi di Benedict Evans, eccellente esperto tech che dice una cosa interessante su Amazon: la grande decentralizzazione praticata dalla società di Jeff Bezos ha fatto di Amazon una macchina che si autoriproduce per creare altre Amazon.

Se sei un driver di Uber, il tuo boss non è una persona fisica, ma un algoritmo. L'algoritmo decide quanto devi guadagnare per chilometro, ti consiglia su quali passeggeri prendere su. Ma non è solo Uber. Ormai i lavori in cui il boss è un algoritmo sono moltissimi.

Anche i temi già visti riprendono vita se raccontati dal New Yorker. Il settimanale fa un viaggio in Estonia, la "repubblica digitale", e racconta un sacco di cose da invidia.

L'America ci ha mostrato come la misinformazione sui social media possa diventare un'arma per destabilizzare l'establishment. Ma cosa succede quando l'arma è usata dai governi. C'è un caso interessante nelle Filippine.

Ancora New Yorker. Una bella long read di Jiayang Fan spiega che l'ossessione per i selfie in Cina sta cambiando seriamente il modo in cui funzionano la società e i rapporti tra le persone.

Questo si collega alla guida sulla privacy che abbiamo segnalato sopra: quanto saresti disposto a pagare (e inoltre: quanto saresti disposto a perdere in termini di socialità) per avere una privacy perfetta e completa. La risposta indica probabilmente il fatto che con i social abbiamo superato il punto di non ritorno.

Storia pazzesca da Wired: una delle più grandi minacce di cybersicurezza dell'anno scorso, un malware che ha rischiato di buttare giù mezzo internet, è nato da due ragazzi che volevano barare al gioco Minecraft.

Cyrus Massoumi ha passato gli ultimi anni ad approfittare delle fake news. Ha creato mrconservative.com, un sito spazzatura conservatore con un ha fatto centinaia di migliaia di dollari disseminando disinformazione. Poi, quando lo scandalo è scoppiato, Facebook ha cambiato le regole di diffusione dei post e mrconservative è crollato. Allora Massoumi ha deciso di cambiare strategia e ha fondato TruthExaminer, un sito liberal. Questo mostra quanto gran parte dell'"informazione" che c'è la fuori sia farlocca, ma mostra anche quanto sia difficile usare Facebook per il proprio business. Perché l'algoritmo di Facebook è cambiato ancora, ancora e ancora, e Massoumi non è più riuscito a trarre guadagni dai suoi siti.

Come e perché Steve Bannon e la alt right americana hanno mosso guerra a Twitter. Gran inchiesta.

Intervista bella a Pavel Durov, il fondatore di Telegram, che dice: non mi piegherò mai al potere. Gli crediamo? Chi l'ha detto prima di lui, alla fine, si è sempre piegato.

Magnifica e inquietante inchiesta di Wired intorno al sistema del "credito sociale" in Cina. Già oggi, milioni di persone vivono in un mondo in cui tre cifre decise in maniera algoritmica possono decidere il loro posto nella società. Non è il futuro, è adesso.

 


 

APP DELLA SETTIMANA

 

Con il nuovo assistente di Google (per chi usa iPhone: la versione di Siri fatta da Google) ora si può chattare, oltre che chiacchierare. Secondo tutti gli esperti, tra tutti gli assistenti per smartphone è il più intelligente di tutti e ha un'intelligenza artificiale sofisticata. Gli si può chiedere informazioni di ogni tipo e si può usare la voce per comandare il cellulare. Ha una voce da maschio. Qui per iPhone e qui per Android.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.