Ansa
L'analisi
La “libertà dell'università” è minacciata dagli antisemiti, non da Galli della Loggia
Attorno al presunto colpo di mano del governo sulla libertà universitaria non c’è un “dibattito”, basta una rassegna stampa o uno sguardo alla rete: si trovano solo articoli di denuncia. E sul Fatto si invoca la “reazione al controllo statale fascista degli atenei” di un secolo fa, ma si tace sull’antisemitismo illiberale che inquina gli atenei oggi
"L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. E’ l’attacco assertivo dell’art. 33 della Costituzione. Assertività che aveva le sue buone ragioni in un paese che nel ventennio aveva subito il giuramento di fedeltà al regime. Il filosofo Eugenio Mazzarella, già deputato del Pd, ieri sul Fatto è stato a sua volta assertivo, in un articolo sulla (ipotetica e solo presunta, per ora) riforma della governance universitaria che sarebbe targata (idem) da Ernesto Galli della Loggia. Assertivo, il filosofo, quando scrive: “Allarmano progetti borderline se non chiaramente lesivi” dell’art. 33, che metterebbero gli atenei in “semi libertà” (titolo del Fatto). Nelle idee espresse – ma appunto solo idee – da GdL: il mandato dei rettori che passa a otto anni (per Mazzarella si creerebbe un “Trastevere consensus”) e l’inserimento di un rappresentante del governo nel cda degli atenei. E’ curioso, ma indicativo, che nell’intervento di Mazzarella e in molti altri anche più assertivo-indignati apparsi in questi mesi a fianco della sacrosanta rivendicazione costituzionale, “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, non ci sia mai, nemmeno adombrata, la minima presa d’atto di un fatto grave, al momento molto più grave di un futuribile disegno di legge sulla governance: e cioè che oggi nelle università italiane la libertà e libertà d’insegnamento sono gravemente minacciate. Oggi il ministro Bernini sarà a Ca’ Foscari con Emanuele Fiano, per consentirgli di parlare dopo che la violenza di gruppuscoli e la pavidità delle autorità d’ateneo glielo hanno impedito. In quanto ebreo.
Al Politecnico di Torino un docente israeliano è stato allontanato in quanto israeliano; a Pisa un professore non ebreo ma “assimilato” in quota sionista (antisionismo=antisemitismo) è stato aggredito, e non difeso dall’istituzione. Per stare agli episodi recenti. Ci sono università che decidono di interrompere (spesso sotto pressione di comitati studenteschi) collaborazioni scientifiche con Israele. Il rettore dell’Università per Stranieri di Siena ha pubblicamente dichiarato che persone come Fiano non dovrebbero poter parlare in università. Scrive giustamente Mazzarella che la “assertività” costituzionale “aveva le sue buone ragioni in un paese che nel Ventennio aveva subito il giuramento di fedeltà al regime, per restare in servizio”. Peccato che chi oggi pratica o tollera atteggiamenti antisemiti nelle università faccia esattamente come coloro che nel 1938 rimasero silenziosi contro la cacciata degli ebrei.
Questo silenzio ha una sua logica, perversa. Attorno al presunto colpo di mano del governo sulla libertà universitaria non c’è un “dibattito”, basta una rassegna stampa o uno sguardo alla rete: si trovano solo articoli di denuncia da parte di personalità o gruppi dell’estrema sinistra, a partire da comitati come “R29A”, Rete 29 aprile – nel cui statuto si legge che “lotta per contrastare il modello aziendalista del sistema accademico italiano”, la libertà accademica formato pianificazione stalinista – o l’associazione Roars, o siti come Jacobin Italia. Tutti ripetono le stesse accuse. Ora, si possono non condividere le idee di GdL; ma sarebbe preferibile non avere opinioni “assertive” in merito: per il semplice fatto che non esiste al momento nessun “progetto”, né di GdL né del ministro né del governo; nessun testo, nessuna bozza depositata in una commissione parlamentare: c’è solo, istituito nel settembre 2024, un “gruppo di lavoro in vista della riforma della legge 240/2010 recante Norme in materia di organizzazione delle università” e una delega nei mesi scorsi al governo per produrre un disegno di riforma.
L’art. 33 dice che “le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi”, però “nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Il che vuol dire che le leggi possono essere fatte o cambiate. Il resto dovrebbe essere libero dibattito di idee. Invece c’è un fuoco di sbarramento preventivo, una censura delle idee che spinge a confondere la visione espressa dal presidente di una commissione con un golpe accademico. Le idee diventano, per il Fatto, una “schiforma” in cui “Galli della Loggia contesta l’essenza stessa della democrazia accademica”; mentre Meloni “ostenta disprezzo per l’autonomia costituzionale dell’università”. Si invoca la “reazione al controllo statale fascista degli atenei” di un secolo fa, ma si tace sull’antisemitismo illiberale che inquina gli atenei oggi.