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nelle università
Università e dissenso, il rettore Cupertino: "Parola a tutti ma basta violenze. 007 negli atenei? Può essere utile"
"La prevaricazione e la violenza non sono accettabili" dice il rettore del Politecnico di Bari. "Oggi ai giovani mancano gli strumenti per avere una visione complessiva delle situazioni". Il maggiore coinvolgimento dell'intelligence nelle università? "Può essere utile"
“Bisogna garantire una pluralità di espressione a tutti gli studenti. Tutti possono protestare e dire la propria ma prevaricazione e violenza non sono accettabili”. Lo dice al Foglio il rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino. Le manifestazioni violente del dissenso che si sono verificate negli atenei italiani anche nelle ultime settimane sollevano domande urgenti sul ruolo dell’università come spazio di confronto, di libertà e di rispetto. Qualche giorno fa, a Pisa, un gruppo di studenti pro Palestina ha interrotto una lezione di diritto comparato nel dipartimento di Scienze Politiche, aggredendo verbalmente e fisicamente un docente, il professor Rino Casella, accusato di posizioni sioniste. Altri episodi di aggressione e intimidazione si sono registrati anche in altri atenei. E si protraggono almeno dal 7 ottobre 2023. Il rettore del Politecnico di Bari spiega che anche nel suo ateneo non sono mancati momenti delicati da gestire, soprattutto rispetto ad alcune attività di ricerca potenzialmente legate ad applicazioni militari. “Abbiamo avuto delle situazioni complicate rispetto alle attività di ricerca che potessero andare in direzione di applicazioni militari. Abbiamo affrontato il problema mettendo in fila i protocolli che procedono alla valutazione del rischio associato alle singole attività di ricerca per valutare quali di queste richiedono delle modalità operative particolari. Questo processo di valutazione è un modo per essere trasparenti”.
Il clima di tensione all’interno delle università non è tipico solo del nostro tempo. “Negli anni novanta ci sono stati periodi in cui il clima era più teso o altrettanto teso rispetto a ora” ricorda Cupertino. “Oggi però ci sono meno strumenti per leggere la complessità del mondo in cui viviamo. All’epoca c’era più linearità, oggi siamo cresciuti forse in un mondo occidentale in cui ci siamo convinti che noi siamo la normalità”. Una difficoltà di comprensione che secondo il rettore nasce da un’illusione culturale: “I giovani non hanno gli strumenti adeguati a leggere ciò che sta succedendo nel mondo. La difficoltà di lettura della totalità di una situazione nasce dalla mancanza di educazione alla complessità dell’evoluzione del mondo”. Un’attenzione, questa, che, in passato, era più forte: “Quando i nostri nonni e genitori sono usciti dalla guerra avevano la consapevolezza per capire cosa fosse un conflitto. Oggi se c’è una guerra guardiamo la situazione attraverso una lente e questa visione può essere parziale. Bisogna avere la possibilità di parlare con chi quell’esperienza ce l’ha”. Ma spesso è proprio la possibilità di un confronto a mancare a causa della prevaricazione di una delle parti coinvolte. “La prevaricazione non è accettabile. Episodi di violenza come quelli accaduti recentemente negli atenei non devono accadere perché l’università è il luogo della parola a tutti. Nessuno è straniero, nessuno è nemico”.
Sull’ipotesi – prevista dall’articolo 31 del decreto sicurezza – di un maggior coinvolgimento dei servizi di intelligence nelle università, tornata attuale adesso che si cerca di capire come affrontare l'autunno caldo negli atenei, il rettore del Politecnico di Bari chiarisce quali sono a suo avviso le condizioni: “Se un’università deve firmare un accordo con un soggetto privato che non conosce bene, a chi può rivolgersi per sapere se ci sono rischi? Solo alle strutture dello stato che si occupano di sicurezza nazionale. Le decisioni finali resteranno comunque libere, ma devono essere prese in piena consapevolezza. Per questo è utile avere delle procedure che permettano anche alle università di accedere a informazioni che solo lo stato può fornire”.
Nei giorni scorsi il vicepremier Matteo Salvini ha annunciato l’intenzione di inviare lettere ai rettori per proporre un intervento diretto negli atenei sul tema della non violenza politica. “A me la lettera non è arrivata. Ma chi ha un ruolo decisionale porta un’esperienza importante”, commenta il rettore, lasciando intendere di essere aperto ad accogliere ogni tipo di confronto, "purché sia rispettoso".