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l'intervento

Non siamo tutti uguali. Non è dando sempre voti alti che si coltiva l'eccellenza

Carlos Carvalho

Una spinta dominante verso l’uguaglianza soffoca proprio quelle persone il cui talento, coraggio e visione non comuni potrebbero sollevare tutti gli altri verso l’alto. Senza quelle rare scintille di eccellenza, non ci sono scoperte rivoluzionarie. Il discorso del rettore dell'Università di Austin, in Texas

Pubblichiamo il discorso che il rettore dell’Università di Austin in Texas (Uatx), Carlos Carvalho, ha tenuto a studenti e genitori questa settimana, per l’inizio dell’anno accademico.


 

Buonasera agli studenti, ai genitori e a tutti i sostenitori che ci aiutate a costruire l’Università di Austin. E’ un onore essere con voi oggi alla cerimonia di inaugurazione, grazie che vi fidate di noi per la vostra formazione, siamo entusiasti di accogliervi nella nostra famiglia. Stasera, mentre ci riuniamo alla soglia del 250esimo anniversario dell’America, voglio condividere con voi perché questo momento e questa università rappresentino l’esperimento americano. Duecentocinquanta anni fa, questa settimana, re Giorgio III dichiarò formalmente che gli americani erano ribelli e traditori. Questo distrusse le speranze dei coloni in una riconciliazione pacifica e tracciò il percorso che portò alla nascita di una nuova nazione basata sull’assunto che tutti gli uomini sono creati uguali. Ma in questo quarto di millennio dalla Dichiarazione d’indipendenza, voglio fare qualcosa di un po’ fuori moda: voglio difendere la disuguaglianza.

 

Naturalmente, tutti gli uomini sono creati uguali. Ma non siamo tutti uguali. Abbiamo curiosità disuguale, intelletto disuguale, talento disuguale, coraggio disuguale, determinazione disuguale, risultati disuguali. Voglio difendere questo tipo di disuguaglianza perché credo sia il modo più importante in cui l’Università di Austin si distingue, e perché essere onesti sulla disuguaglianza è il modo più importante in cui questa università può aiutarvi a essere straordinari.

 

Alexis de Tocqueville, il grande critico ottocentesco della democrazia americana, notò che la passione per l’uguaglianza domina ogni istituzione americana. Ammirò questo spirito democratico, ma lanciò anche un avvertimento. Disse che il concetto di uguaglianza è la compulsione più potente nella mente americana. Una spinta dominante verso l’uguaglianza soffoca proprio quelle persone il cui talento, coraggio e visione non comuni potrebbero sollevare tutti gli altri verso l’alto. Senza quelle rare scintille di eccellenza, non ci sono scoperte rivoluzionarie. Nessun leader audace. Nessuna innovazione. Nessun pensiero radicale che disturbi la tendenza umana verso il pigro conformismo. De Tocqueville osservò che le persone nelle democrazie potrebbero arrivare a preferire l’uguaglianza nella schiavitù alla disuguaglianza nella libertà. Volendo rendere tutte le cose uguali, finiamo per essere uguali solo nella mediocrità. E quella è la strada più sicura per sottomettersi servilmente all’autorità, sottomettersi a cattive idee, sottomettersi a un governo oppressivo e sottomettersi alla dolce tirannia delle basse aspettative. L’uguaglianza, senza eccellenza, è la strada più sicura verso il declino nazionale.

 

Una società libera, per rimanere dinamica e libera, deve permettere a quei doni di svilupparsi piuttosto che forzarli in uno stampo comune. Quindi anche in una repubblica di uguali, abbiamo bisogno di piccoli santuari di aristocrazia ed eccellenza per assicurare il successo della libertà. La democrazia funziona sull’uguaglianza; la libertà e l’eccellenza funzionano sulla disuguaglianza. La tensione tra queste due realtà plasma quasi ogni vero problema nell’istruzione oggi. Come rispettiamo la dignità e l’opportunità uguali di ogni persona riconoscendo e coltivando al contempo l’eccellenza individuale? Quasi ogni università in America ha deciso di rispondere a questa domanda abbandonando l’eccellenza. Harvard distribuisce più A di qualsiasi altro voto. Yale dà quasi al 60 per cento degli studenti tutte A. Princeton non richiede più greco o latino per specializzarsi in studi classici. La Columbia ha orgogliosamente abbandonato il Sat (l’esame di ammissione). Nelle nostre istituzioni migliori, gli onori vengono distribuiti come caramelle mentre il calcolo viene silenziosamente eliminato. Qui, sappiamo che non si può democratizzare un’istruzione seria annacquandola e aspettandosi di mantenerne la sostanza. Platone filtrato attraverso ChatGPT trasforma Platone in un post mediocre sui social media. La macroeconomia senza qualche base di calcolo è solo polemica da telegiornale. La verità è che l’eccellenza non ha scorciatoie. Quando le persone producono in massa diamanti artificiali, questi finiscono per essere sassolini che nessuno apprezza. Il tentativo di contraffare l’eccellenza non fa altro che svilirla. Se rendete il difficile e lo straordinario semplificati o banali, li distruggete.

 

Qui all’Università di Austin, non falsificheremo l’eccellenza. Per gli studenti, questo significa essere chiamati a fare il lavoro accademico più difficile che abbiate mai fatto: leggere attentamente quello che un autore ha realmente scritto, seguire un argomento linea per linea, scomporre una metodologia scientifica e riprodurla, o costruire un modello che fallisce dieci volte prima di funzionare. Sarete valutati secondo standard, non secondo le vostre intenzioni o i nostri desideri. Sentirete “no”, “non ancora”, “riprova” spesso. I nostri studenti non dovranno mai accettare nulla acriticamente. Ma prosperare in un’istituzione aristocratica richiede di iniziare con umiltà, assumendo, almeno all’inizio, che gli autori che leggete, i professori che vi guidano e gli amministratori che vi correggono potrebbero sapere più di voi. Non vi piacerà sempre. Ma se stiamo facendo bene il nostro lavoro, ne trarrete sempre beneficio. Gli standard elevati sono il più alto segno di rispetto. Dirvi la verità su dove vi trovate è rispetto. Mantenervi all’altezza del compito è rispetto. E’ l’unico modo per tirare fuori il meglio di voi. Se pretendessimo di meno, insulteremmo il vostro potenziale.

 

L’Università di Austin è aristocratica perché osa dire la verità, cioè che la disuguaglianza è ovunque. Come disse Thomas Jefferson: “C’è un’aristocrazia naturale tra gli uomini. Le basi di questa sono virtù e talento”. Ognuno di voi porta punti di forza, abilità e passioni diverse. Alcuni libri plasmeranno la vostra mente per la vita, mentre altri meritano di essere dimenticati. Alcune discipline lottano onestamente con la realtà, mentre altre sono poco serie e non meritano il vostro tempo. Fingere il contrario significa appiattire l’esperienza umana sulla mediocrità. Rifiutiamo questa finzione. Jefferson propose un modello di scuola dove ogni anno, cito, “venti dei migliori geni saranno raccolti dalla spazzatura”. Linguaggio audace a parte, il punto di Jefferson era cruciale: lasciate che i migliori emergano da qualsiasi condizione ed educateli per il bene comune. Questa, per noi, è la soluzione più americana alla realtà della disuguaglianza umana.

 

Non possiamo (e non dovremmo) rendere tutti uguali, ma possiamo assicurare che chiunque, da dovunque, con abilità e determinazione, abbia la possibilità di salire quanto può. Qui apriamo le nostre porte a qualsiasi americano, con qualsiasi background, indipendentemente dai mezzi, dall’eredità famigliare o dall’identità. Il figlio di un presidente americano e il figlio di una cameriera ricevono lo stesso trattamento nel nostro processo di ammissione e nelle nostre aule. Il nostro compito come educatori è tirare fuori il meglio da ognuno di voi, per quanto disuguali possano essere i vostri doni, stabilendo standard elevati e insistendo sull’eccellenza. Anche se crediamo che questo approccio sia il miglior tipo di educazione per voi, la nostra accettazione – o, dovrei dire, il nostro abbraccio – della disuguaglianza non è altruistica. Alla fine, non riguarda voi e il vostro potenziale. Lo facciamo perché crediamo sia il modo migliore per rendere eccellente la nostra istituzione, eccellente il nostro paese e libero il nostro futuro.

 

Prima di concludere, una parola ai genitori. Dal momento che i vostri figli hanno deciso di venire qui, sappiamo già che avete cresciuto ragazzi che cercano la sfida, e che mettono la sostanza sopra le mere credenziali. Questo parla del vostro successo come famiglie. E anche se non ho ancora incontrato tutti voi, sospetto che crescere giovani così determinati e sicuri di sé significhi che siete piuttosto determinati e sicuri di voi stessi anche voi. Quindi mi aspetto feedback da voi. Forse anche qualche lamentela occasionale. E la accolgo con piacere, dico davvero. Ho solo una piccola richiesta: quando vi lamentate, fatelo perché l’Università di Austin non è abbastanza impegnativa. Riteneteci responsabili non di aver coccolato i vostri figli, ma di averli messi alla prova.

 

Alla classe del 2029: avete scelto di ribellarvi. Non contro la gerarchia, ma contro il suo abbandono. Non contro gli standard, ma contro la loro erosione. Non contro l’eccellenza, ma contro coloro che la falsificano. Vi ribellate contro un mondo che vi dice che la mediocrità è sufficiente, che il comfort è il bene più alto, che tutte le risposte sono ugualmente valide. La vostra ribellione è al servizio di verità antiche: che la saggezza merita deferenza, e che la difficoltà genera forza. I prossimi due secoli e mezzo dell’America iniziano proprio qui, con voi. Benvenuti nella ribellione, benvenuti all’Università di Austin! 

Carlos Carvalho rettore dell’Università di Austin

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