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a scuola
La maturità rimessa sui suoi piedi
Meglio abolire l'esame, ma almeno la riforma Valditara elimina la fuffa e rimette al centro un po’ di merito e di studio
Che un esame non serva nel modo più assoluto a misurare la “maturità” di una persona è un fatto autoevidente. L’esame di maturità andrebbe abolito, per valutare un percorso di studi bastano voti e giudizi di fine anno. Ma poiché nessuno s’azzarderà mai ad abbattere il sacro totem (persino i maturandi implorano che non venga tolta l’emozione del rito di passaggio, e i genitori covano la pretesa demente di poter rivivere il proprio momento Venditti) tanto vale apprezzare la scelta del governo e del ministro Giuseppe Valditara che con il provvedimento, “Misure urgenti per la riforma dell’esame di stato del secondo ciclo di istruzione” (quando saremo abbastanza maturi da abolire il burocratese?) ha almeno riportato il nome antico, “esame di maturità”, abolendo quello della riforma Berlinguer (1997), “esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore”. Che sottintendeva la volontà di rafforzare la statualità, o statalismo, dell’esame, col suo portato di “valore legale”. La riforma di Valditara varata due giorni fa contribuisce almeno a rimettere il mondo sui suoi piedi.
C’è un esame, ci sarà un’interrogazione orale su quattro materie, sparisce la demenziale prova descrittiva. Si può anche essere bocciati. Sarebbe stato meglio abolire, assieme al nome “esame di stato”, anche il deleterio “valore legale” dei titoli di studio, che come già spiegava Luigi Einaudi ha trasformato la scuola in diplomificio (si studia per il pezzo di carta senza il quale, altro che posto di lavoro, non ti fanno entrare manco all’università). Ma un po’ di back to basic non può che aiutare una scuola sempre meno in grado di formare, né di dare conto del suo stesso lavoro formativo. Non sarà la rivoluzione, ma almeno alcune ubriacature dell’ultimo quindicennio verranno smaltite. A partire da quella più di moda la scorsa estate: chi decide di fare scena muta perché si sente ferito nella sua animula vagula blandula (ma tanto sa di essere già promosso) sarà invece bocciato. I cambiamenti dal 2026, non epocali ma un restyling di buon senso (forse significa qualcosa che, a 24 ore di distanza, ancora non si siano sentite grida di scandalo sindacali o pedagogiche e nessuno sciopero annunciato dagli studenti). Le prove scritte rimarranno in sostanza come sono; cambierà invece la parte orale.
Il colloquio affronterà quattro materie rappresentative del corso di studi. Interrogazioni vere. Soprattutto scomparirà il tremendo documento iniziale scelto dalla commissione per cominciare l’esame (una foto, un documento a commentare) introdotto dalla riforma Azzolina nel 2020 (“i ragazzi si trovavano davanti una foto di Guernica o l’immagine di un vulcano e dovevano inventare collegamenti strampalati”, ha giustamente detto Valditara). Ora la maturità equiparata alla capacità di supercazzola, con i commissari non autorizzati a intervenire per porre domande, sarà cancellata. Ci sarà più spazio per valutare le attività Pcto (“percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”, che però almeno si chiameranno “percorsi di formazione scuola-lavoro”). E si darà maggiore peso ai risultati delle prove Invalsi, anche se soltanto inseriti nel curriculum in forma descrittiva. Un passo in avanti, in un paese che ha fatto per anni le barricate contro uno strumento di valutazione oggettivo, sottratto alla subcultura dei voti dati a caso. Last but non least, uno stop al carnevale dei candidati che rifiutano l’esame orale. Viene introdotta la bocciatura automatica per gli studenti che si rifiutano di sostenere il colloquio: l’esame si considera superato solo con il regolare svolgimento di tutte le prove. Il gran discorso del rettore dell’Università di Austin che pubblichiamo in prima pagina è un richiamo alla necessità del merito negli studi, della ricerca dell’eccellenza. L’esame di maturità rimesso sulle sue gambe significa che non tutto è uguale a tutto, e dunque inutile. Che studiare e apprendere fanno parte di un percorso che può essere valutato con serietà.