Dopo il Covid le occupazioni scolastiche sono una boccata d'aria per i ragazzi

Gianluca De Rosa

Le richieste degli studenti: "Socialità e interventi sull'edilizia scolastica". Nel post pandemia un rito stanco e usurato ha assunto contorni più interessanti del solito. Una passeggiata per le scuole di Roma 

Fuori dal liceo scientifico Cavour, pieno centro di Roma, aule con vista Colosseo, c’è la fila. Un ragazzetto sorridente con la mascherina calata sul mento sotto la scritta “Cavour occupato” chiede a cinque coetanei di mostrargli il green pass. Accanto a lui una ragazza bionda ci spiega le regole: “Agli ‘interni’ chiediamo classe e sezione e segniamo gli orari d’ingresso e di uscita, mentre gli esterni devono lasciarci un documento, o almeno la tessera dell’autobus, e farci vedere il green pass, se vogliono venire la sera devono avere un ‘interno’ che garantisce per loro”. A chi entra si regalano cornetti e brioche. “Abbiamo fatto una convenzione con un bar qui vicino: ce le fanno a 69 centesimi l’una!”, esulta uno studente.

 

Quest’anno il rito stanco e usurato delle occupazioni scolastiche ha assunto contorni più interessanti del solito. Non solo per i numeri – da inizio ottobre, tra licei e istituti tecnici, sono oltre 25 le scuole occupate nella Capitale – ma anche per le rivendicazioni reali e sociali che hanno spinto i ragazzi delle superiori alla protesta. Principalmente due, assai meno pretestuosi che in passato: la mancanza di socializzazione negli ultimi due anni di pandemia e la situazione indecente di gran parte dell’edilizia scolastica.

 

 

Il secondo almeno non dovrebbe essere un problema del Cavour. Il plesso è ottocentesco, composto di due edifici storici, protetti dalla Soprintendenza. Eppure anche dove dovrebbe regnare il privilegio, i problemi non mancano. A condurci in giro per la scuola e a spiegarci com’è stata organizzata l’occupazione ci pensano Ernesto, 15 anni, e Aurora, 18enne al quarto anno. “Noi sappiamo benissimo di essere fortunati: abbiamo una scuola bellissima, fornita di palestre, laboratori e biblioteca, ma anche qui non mancano i problemi, queste transenne – dice Aurora indicando due grandi reti metalliche che bloccano l’accesso a un pezzo di cortile – sono qui da due anni perché un pezzo del cornicione è pericolante. Anche le palestre da dopo il Covid non sono state più aperte”. In questo liceo i ragazzi hanno dovuto battersi per ottenere di nuovo la ricreazione. “Fino a qualche settimana fa – raccontano – dovevamo passarla obbligatoriamente in classe, dopo una lunga assemblea la preside ci ha concesso di tornare a scendere in cortile”. Non sono stati anni divertenti.

    

Ernesto, che quando è scoppiata la pandemia era ancora alle medie, ha iniziato le superiori con mascherine, regole di distanziamento e didattica a distanza. Mesi difficili in quel piccolo ma fondamentale tratto di vita, l’adolescenza, in cui gli anni, in effetti, durano un po’ di più. “È stato pesante fare amicizia anche dentro la propria classe. Anche per questo siamo qui, ci stiamo finalmente conoscendo davvero”, spiega. Occupazioni come boccate d’aria post Covid insomma. Ma la preoccupazione di dirigenti scolastici e professori è proprio che le proteste possano trasformarsi in un’occasione di diffusione del virus. La paura è aumentata alcuni giorni fa, quando proprio durante l’occupazione una studentessa del liceo Morgagni è risultata positiva (e il liceo è stato sgomberato). In un’intervista a Repubblica lo ribadiva oggi Tiziana Sallusti, la preside del Mamiani, che ha occupato due giorni fa: “Siamo preoccupati per eventuali contagi, i ragazzi sono spesso paucisintomatici, ma noi rischiamo”. 

 

Al Cavour, comunque, l’occupazione è organizzata nei minimi dettagli. Ci sono seminari e conferenze tenuti da ospiti esterni. Anche i ragazzi gestiscono corsi di fotografia e disegno. Nell’aula magna parla Carlotta Mattiello, la madre di Cranio Randagio, il rapper 21enne morto a Roma cinque anni fa dopo un festino. “È venuta per spiegare quali sono i rischi, anche indiretti, delle droghe”, ci spiega Aurora. Al primo piano intanto, l’avvocata di Antigone Susanna Marietti parla di carcere e problemi dei detenuti. “Ieri invece – racconta la studentessa del Cavour – sono venuti quelli di Amnesty International per parlaci del caso di Patrick Zaki”. La corsa al Quirinale, ossessione giornalistica di questi giorni e delle prossime settimane, è arrivata anche qui. L’ha portata il direttore dell’Espresso Marco Damilano.

 

Inevitabilmente c’è molta politica di “sinistra, sinistra”. Due giorni fa è stato qui il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, mentre oggi pomeriggio parteciperà ad un incontro con gli studenti uno dei portavoce di Potere al Popolo. Ma ci sono anche i sindacalisti: Massimo Pedretti dell’Usb e Alessandro Genovesi della Fillea Cgil. Nei licei del centro le autogestioni vengono facili. “Eppure – ci tiene a sottolineare Ernesto per rivendicare che le cose sono più serie del solito – quest’anno la protesta è diversa: è partita dagli istituti tecnici, dalle scuole più fatiscienti, non ci sono solo i licei che occupano tutti gli anni come Mamiani e Virgilio. Anche qui al Cavour, per dire, non si occupava da sei anni”.

   

 

Su suo consiglio ci spostiamo all’istituto tecnico Armellini, quartiere San Paolo, di fronte alla stazione della metro B. La situazione qui è molto diversa. La procedura per entrare è praticamente la stessa prevista al Cavour: dati su classe di provenienza e orari di ingresso e uscita per gli interni, documento consegnato e green pass per chi viene da fuori. Il sistema però è un po’ meno efficace, il via vai abbastanza continuo. Nel cortile interno, circondato dai muri rossi e scrostati dell’edificio suona un po’ di trap. C’è un po’ di panico. All'Armellini a occupare è stato un gruppo di 20 ragazzi che ha preso la scuola contro la volontà dei rappresentati di istituto, Patrizio, che frequenta il terzo, e Diana, all'ultimo anno.

Nonostante fossero contrari i due si danno il cambio, si sentono responsabili, vogliono impedire che “qualcuno faccia casino”. Di corsi non ce ne sono, ma nel pomeriggio si organizzano tornei sportivi. Per lo più si sta finalmente insieme, dopo mesi di scuola a singhiozzo e ricreazioni chiusi in classe. Fuori c’è una prof piuttosto preoccupata. “I ragazzi protestano, però spero stiano attenti, non bisogna fare danni ai laboratori di informatica, elettronica ed elettrotecnica che sono dei gioiellini, sarebbe un disastro”. Un ragazzo le spiega che l”ala nuova”, come qui tutti chiamano la parte dell’immobile, che seppur vecchia come tutto il resto della strutturona in cemento armato, ospita i nuovi laboratori “è stata interdetta proprio per evitare furti e danni”. Anche se, le dice, “fuori si è creata una pozzanghera gigantesca”. Le infiltrazioni all’Armellini sono un problema enorme. Piove nel laboratorio di informatica, piove nei corridoi, piove in alcune aule. “La struttura è di cemento, quindi non si stacca niente, ma lo stucco ogni tanto cade e se un pezzo grosso ti prende in testa può anche succedere che ci si faccia male”, dice Patrizio, che non voleva occupare ma è comunque arrabbiato per le condizioni in cui si trova la sua scuola. “I ragazzi – conferma la prof. – su questo hanno ragione, la preside si sta facendo in quattro per chiedere all’ex Provincia i lavori, ma non hanno fatto ancora niente”.