l'audizione in Parlamento

La scuola secondo Patrizio Bianchi, ministro "Candide"

Le linee guida su come gestire l'emergenza, ma anche la Dad che non sparisce

Marianna Rizzini

Applaudito dal centrosinistra quando nomina i precari, suscita dubbi nei Cinque stelle e nel centrodestra a proposito di scuola in presenza e tracciamento. Lui vuole volare alto, ma c'è chi lo invita a parlare con i ministri di Salute e Trasporti in vista di settembre

E’ seduto al suo posto nel bel mezzo della fase d’uscita (si spera) dall’emergenza pandemica, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, ma a tratti è come se la voglia di guardare oltre fosse talmente forte da farlo sembrare direttamente altrove. E anche se parla di alleviare la piaga del precariato degli insegnanti, molto applaudito dai parlamentari del centrosinistra, e di come ridurre la dipendenza degli studenti dagli strumenti digitali, approvato anche da una parte del centrodestra, Bianchi, nel giorno in cui va in audizione davanti alle Commissioni congiunte Istruzione e Cultura di Camera e Senato, sembra discendere non tanto dalla sua Emilia Romagna, dove per lungo tempo è stato assessore, ma direttamente da Marte. Nel senso che quando fa capire che la Dad resterà, certo non come ora, ma resterà in qualche forma, e che anzi bisogna formare gli insegnanti già reduci da  “uno sforzo titanico”, diversi parlamentari trasecolano. Dice un deputato: “Anche solo a evocarla, la Dad, rischiamo di sembrare Candide”. Ma Bianchi è convinto di quello che dice.

 

Da quando si è insediato ripete un concetto che poco piace a chi, sul campo, vuole il contrario di quello che il ministro descrive come approdo, e cioè una scuola “diversa da quella di prima”. E lo ribadisce in audizione, in tandem con l’altro argomento foriero di tensione: l’estate come “ponte” tra questo anno mezzo-perso e quello di recupero. Poi parla di riforma: “Parola che in Italia non si può più dire, ma sono passati quasi cento anni dalla riforma Gentile e noi abbiamo il dovere di pensare al di là dell’emergenza”. E sì, il discorso del ministro vorrebbe essere di ampio respiro (la formazione, la liberazione dallo schema “gabbia del Novecento”, il diritto allo studio, dice disegnando nell’aria linee e cerchi immaginari in cui inserire i punti-cardine della “scuola come motore del paese”), ma gli astanti a un certo punto si sentono in dovere di riportare Bianchi al qui e ora: il Covid c’è ancora, i danni psico-culturali della chiusura degli istituti sono ancora da conteggiare, il problema dei trasporti e quello degli eventuali test e vaccini ai ragazzi andrebbe affrontato con i ministeri competenti. E insomma più Bianchi vola sulla dispersione scolastica, più gli astanti lo riportano al tema imprescindibile: scuola in presenza, test salivari e tracciamento in vista del nuovo anno, gli ricorda il Cinque stelle Marco Bella, di professione chimico.

 

“Meno male che nel decreto Sostegni è stato approvato l’emendamento che prevede fondi per i Comuni capaci di trovare, in vista delle elezioni amministrative, sedi alternative alle scuole, per evitare altre interruzioni”, fa notare il deputato di Italia Viva Gabriele Toccafondi. E se, dal Pd, Flaminia Piccoli Nardelli trova che le linee programmatiche esposte dal ministro offrano “un panorama ricco di opportunità”, dal centrodestra si sollevano dubbi: che cosa vuol dire implementazione della didattica a distanza? chiede da Fratelli d’Italia Federico Mollicone. Parlate con il dicastero dei Trasporti in vista del rientro d’autunno, dice Marco Marin da Forza Italia. Imperversa, fuori dal Parlamento, il suddetto tema dei vaccini agli studenti (“non mettiamo fretta alle autorità regolatorie, ma se arrivasse l’approvazione sarebbe fondamentale per riaprire a settembre le scuole in sicurezza”, scrive su Twitter il virologo Roberto Burioni). Intanto il ministro ha un obiettivo: coinvolgere i maestri e i professori perché aiutino i ragazzi a non “essere prigionieri del maledetto telefonino”. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.