L'università italiana alla prova del Covid

Ermes Antonucci

Non solo didattica a distanza. Gli atenei cercano di cogliere le sfide imposte dall’emergenza coronavirus con corsi innovativi: dalla sanità alla formazione politica

L’emergenza coronavirus sta cambiando profondamente il mondo delle università italiane. I mutamenti non riguardano soltanto le modalità di erogazione della didattica da parte degli atenei. Le lezioni a distanza, infatti, sono ormai diventate la regola in tutte le università del Paese. Dopo una ripresa caratterizzata da lezioni per metà in streaming e per metà in presenza (con posti contingentati e nel rispetto delle misure di sicurezza), l’aumento dei contagi da Covid-19 in molte aree d’Italia sta imponendo una nuova sospensione delle attività in presenza. Anche se lunedì la nuova ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, ha assicurato che il governo farà di tutto per consentire agli studenti di “tornare nelle università nel secondo semestre a seconda delle zone”: “Spero si riesca dopo Pasqua – ha detto la ministra – per lo meno aprirne una parte”.

  

La pandemia, però, sta imponendo alle università italiane un riadattamento anche sul piano dei contenuti della didattica. Alcuni atenei cercano infatti di reagire e di cogliere le sfide lanciate dalla crisi sanitaria, economica e sociale determinata dall’emergenza, proponendo master e corsi di specializzazione innovativi.

  

C’è chi guarda specificamente al settore sanitario. All’università di Palermo, ad esempio, ha preso il via un master di II livello in “Organizzazione e management delle strutture e dei servizi sanitari”, che si pone l’obiettivo di formare giovani da inserire all’interno di un sistema sanitario nazionale in sofferenza di fronte alla pandemia. L’università Cattolica del Sacro Cuore ha lanciato un master di primo livello in “Comunicazione sanitaria”, per formare professionisti capaci di gestire la complessità dei processi comunicativi connessi al contesto della sanità attuale. All’Università degli Studi di Torino è invece partito il primo master universitario di II livello in “Sicurezza delle cure, governo clinico e gestione del contenzioso”.

  

C’è chi guarda agli stravolgimenti causati dalla pandemia nel mercato del lavoro, come l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, che ha avviato un master di II livello in “Formazione e gestione delle Risorse Umane”, dedicato alla gestione delle risorse umane nei nuovi scenari globali ridisegnati dalla pandemia, e chi punta alle nuove priorità in campo ambientale ed energetico, come il Politecnico di Milano, che con Enel ha lanciato un master di II livello per formare esperti e specialisti nel campo delle Smart Grids per costruire le reti elettriche del futuro e favorire la transizione energetica.

  

C’è chi, infine, pensa alla formazione della classe politica e dirigente, che nei prossimi mesi (anzi, anni) sarà chiamata alla sfida più importante: superare la crisi sanitaria e rilanciare il Paese, cogliendo ad esempio le opportunità offerte dai fondi del Next Generation EU. Per questo la School of Government della Luiss, diretta dal professor Giovanni Orsina, ha lanciato la seconda edizione del “Corso Executive in Governo”, il primo corso di formazione in Italia che consente di acquisire in streaming le competenze necessarie a svolgere al meglio incarichi politici, amministrativi e di governo della cosa pubblica.

  

“Il futuro dell’Italia dipenderà, probabilmente per decenni, da come il Paese uscirà dalla pandemia, e gli investimenti post-pandemici saranno in larga misura affidati a strutture pubbliche – dichiara al Foglio Giovanni Orsina, direttore del Corso Executive in Governo e della Luiss School of Government – Questo rende il problema della qualità del ceto dirigente pubblico ancora più importante e urgente di quanto non sia di norma. Senza esagerazioni, possiamo dire che questa al momento è la priorità italiana”.

  

“L’idea del corso – spiega Orsina – nasce prima dell’emergenza Covid-19 e nasce dalla convinzione che ci sia bisogno di formare e riqualificare il personale politico (soprattutto locale) perché, come ben noto, non ci sono più i partiti politici che storicamente svolgevano questa funzione. L’idea del corso online era quindi emersa prima dell’emergenza coronavirus, proprio per riuscire ad arrivare in tutte le aree d’Italia e proporre un prodotto educativo molto professionalizzante, orientato alla pratica e multidisciplinare al ceto politico e amministrativo locale. Il progetto naturalmente ha trovato ulteriore ragione con l’emergenza Covid-19, visto che le persone si sono sempre più abituate alla formazione online”.

  

“L’università italiana – prosegue Orsina – è stata travolta dall’emergenza pandemica e si è dovuta riadattare. La formazione online, ormai è chiaro a chiunque lavori in università, non può sostituire la formazione in presenza, che rimane la strada maestra soprattutto per la formazione universitaria standard, cioè triennio e biennio. Per la formazione executive e avanzata, invece, dove il contatto personale non è così indispensabile, visto che stiamo parlando di studenti già formati e di professionisti, la formazione a distanza può rivestire un ruolo molto importante”.
  

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