Charité Medical History Museum di Berlino (Getty) 

cattivi scienziati

Nuove evidenze sullo sviluppo neurale: genetica e ambiente non sono opposti

Enrico Bucci

Un nuovo studio dimostra che la rete costruisce da sé una grammatica dinamica prima degli stimoli esterni. L’esperienza agisce poi entro questi vincoli. Così si ridefinisce il dibattito tra predisposizioni interne e plasticità della nostra mente

La nostra mente è prodotta dall’ambiente e dall’esperienza o è frutto della genetica?

La discussione su quanto dello sviluppo cerebrale dipenda dalla “natura” e quanto dall’“ambiente” è rimasta intrappolata per decenni in una contrapposizione concettuale che ha più valore polemico che scientifico. Da un lato l’idea che tutto sia già inscritto nell’organizzazione neurale prima che qualunque esperienza possa influenzarla; dall’altro la convinzione che la mente non sia altro che un prodotto dell’interazione con il mondo, modellato dagli stimoli e dall’apprendimento. Il nuovo lavoro pubblicato su Nature Neuroscience offre l’occasione per rimettere ordine nella questione, perché mostra – con un’evidenza difficilmente equivocabile – che entrambe le posizioni, prese come assolute, non descrivono ciò che realmente accade.

Gli autori hanno utilizzato organoidi cerebrali umani e murini, cioè piccoli frammenti di tessuto nervoso ottenuti facendo differenziare cellule staminali in condizioni controllate. Non si tratta di cervelli miniaturizzati: mancano dell’architettura completa, delle connessioni a lunga distanza, degli ingressi sensoriali, della circolazione, di un corpo che fornisca segnali periferici e ormonali. Proprio per questo rappresentano un modello particolarmente utile per indagare ciò che può emergere spontaneamente da un sistema neurale in crescita, quando l’ambiente esterno è ridotto al minimo e non esistono esperienze sensoriali organizzate.

È in questo contesto che il risultato acquista peso. Gli organoidi mostrano sequenze temporali di attivazione neurale riproducibili, cioè sequenze di segnali elettrici, ordinate, riconoscibili nel tempo. Non producono un rumore casuale, come ci si aspetterebbe da un tessuto ancora immaturo, ma schemi di attività coordinata che si manifestano spontaneamente, come se la rete fosse già predisposta a generare sequenze strutturate. Il fatto che tali sequenze emergano prima di qualunque input sensoriale suggerisce che una parte dell’ordine funzionale del cervello non è il prodotto dell’esperienza, ma una proprietà intrinseca della rete in formazione.

Per comprendere la solidità del dato è necessario osservarne la base metodologica. L’attività neurale viene registrata tramite matrici di microelettrodi, che consentono di monitorare molteplici neuroni simultaneamente. Su queste registrazioni vengono applicati algoritmi capaci di individuare pattern temporali ricorrenti. Questi schemi, per essere considerati sequenze vere e proprie, devono comparire più volte con variazioni limitate e una struttura riconoscibile. Le analisi mostrano che ciò accade con regolarità e senza bisogno di stimoli esterni. Questo fenomeno si inserisce perfettamente in ciò che si conosce delle prime fasi dello sviluppo neurale: la migrazione dei neuroni, la crescita dei dendriti e degli assoni, la formazione delle sinapsi e la loro stabilizzazione preliminare avvengono sulla base di segnali molecolari e attività elettrica spontanea, non in risposta a esperienze ambientali.

Il risultato è netto: l’attività neurale iniziale non è un prodotto dell’ambiente, ma un ingrediente con cui la rete costruisce se stessa, e gli stessi schemi di propagazone di segnale che si osserveranno più tardi nel cervello maturo si osservano anche in organoidi cerebrali completamente disconnessi da ogni esperienza sensoriale dell’ambiente esterno. L’esperienza, che pure è cruciale in seguito, non interviene su un foglio vuoto, ma su una struttura già canalizzata, dotata di vincoli, predisposizioni e tendenze dinamiche. Le sequenze osservate negli organoidi non cancellano l’importanza della plasticità, ma mostrano il campo entro cui la plasticità può agire: un campo delimitato dalla grammatica interna delle reti. L’ambiente non inventa questa grammatica; la modifica, la rafforza o la devia, ma non la genera da zero.

Un altro elemento merita attenzione. Le sequenze non sono copie identiche di sé stesse: oscillano, si deformano leggermente, si interrompono e riprendono. Questa componente di variabilità non è un disturbo, ma una caratteristica funzionale delle reti neurali biologiche. L’ordine e la fluttuazione convivono nella stessa struttura. È proprio questa combinazione di regolarità e variazione che rende possibile la complessità successiva: una rete totalmente rigida non potrebbe imparare; una rete totalmente disordinata non potrebbe stabilizzare alcuna funzione. Lo sviluppo del sistema nervoso procede dunque attraverso una dinamica che si auto-organizza prima dell’esperienza e che l’esperienza, poi, modella entro i limiti tracciati da quel primo ordine.

È necessario, tuttavia, non oltrepassare ciò che il modello può dire. Gli organoidi non riproducono la complessità anatomica di un cervello in vivo, né integrano i segnali provenienti dal corpo e dall’ambiente. I risultati non valgono come dimostrazione generale che tutte le funzioni cerebrali siano preconfigurate; chiariscono invece un punto specifico: l’emergere spontaneo di ordine neurale è possibile e documentabile, e la presenza di sequenze temporali organizzate non richiede l’intervento dell’ambiente. È una prova diretta che il sistema nervoso possiede proprietà intrinseche che precedono l’esperienza, e che sono quelle adatte a fornire l’impalcatura su cui l’esperienza poi agirà.

Il dibattito “natura contro ambiente” risulta così mal formulato. La natura non coincide con un programma rigido, e l’ambiente non coincide con una forza modellante illimitata. Lo sviluppo neurale non nasce dall’opposizione tra queste due dimensioni, ma dal loro intreccio asimmetrico: una struttura interna, dotata di vincoli dinamici e capace di generare spontaneamente attività organizzata, e un insieme di esperienze che operano dentro quei vincoli, contribuendo a selezionare e consolidare alcune configurazioni a scapito di altre. L’ordine che compare negli organoidi mette in luce proprio questo carattere di fondo: l’attività neurale non è soltanto risposta, ma anche origine.

Il lavoro che qui discutiamo, con la sua chiarezza sperimentale, mostra dunque che il sistema nervoso non attende l’ambiente per cominciare a esistere come sistema funzionale. Inizia a costruire la propria identità dinamica prima di qualsiasi esperienza, e proprio per questo sarà poi capace di integrarla, assimilarla e trasformarla. L’esperienza opera su un organismo già vivo di una propria attività interna, non su una massa indifferenziata. Chi cerca spiegazioni unicamente nell’innato o unicamente nell’apprendimento guarda metà del quadro e perde l’altra metà. L’immagine completa sta nell’interazione fra predisposizione e modulazione, fra vincolo e variazione, fra ordine spontaneo e plasticità.