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al di là delle intenzioni

Tutto quello che Rovelli non ha capito di Fermi

Sergio Soave

Il fisico sostiene la tesi del Fermi “cattivo cittadino”, senza tener conto delle condizioni storiche specifiche in cui si svolsero gli avvenimenti. Così il suo giudizio  ha il sapore di una specie di “cancel culture” in ambito scientifico

In occasione dell’anniversario dell’esplosione dell’atomica su Hiroshima, il 5 agosto del 1945, il fisico Carlo Rovelli ha avviato una serie di video, dieci puntate sulla bomba atomica, il primo dei quali era dedicato a Enrico Fermi. Rovelli ha esaltato il lavoro scientifico di Fermi, paragonandolo a quello di Albert Einstein e di Paul Dirac, ma ha criticato il suo senso civico e la sua apoliticità. Da una parte ha insistito nel rinfacciare il fatto che “era iscritto al partito nazionale e nominato da Mussolini membro della Reale Accademia d’Italia”, il che però era conseguenza del decreto che aveva obbligato i docenti universitari a dichiararsi fascisti, al quale si sottrassero meno di una decina di cattedratici. Dall’altra ha lamentato che Fermi non abbia preso le distanze dall’uso bellico dell’energia atomica come fecero, ma molti anni dopo averla promossa, fisici come Oppenheimer, che del progetto Manhattan era stato il coordinatore scientifico.

 

Le sue parole hanno suscitato polemiche: la presidente dell’Associazione italiana di fisica si è detta “indignata, Rovelli denigra un grande scienziato” e Rovelli ha replicato che però “non è stato un grande cittadino”, insistendo su una valutazione discutibile e avulsa dal contesto storico. E’ abbastanza chiaro, infatti, che queste considerazioni critiche hanno il limite di non tener conto nel modo dovuto delle condizioni storiche specifiche in cui si svolsero gli avvenimenti e le omissioni denunciate. Rovelli ha spiegato che questa sua posizione nasce dalla convinzione che “oggi la questione dell’impegno morale e civile degli scienziati sia importante”. Per questo, aggiunge, Fermi “non rappresenta il mio ideale di impegno morale e civico”.

 

Si tratta di un impegno che nasce in una situazione diversa da quella del conflitto mondiale; proprio per questo, basare un giudizio su argomenti che sono diventati rilevanti solo successivamente ha il sapore di una specie di “cancel culture” in ambito scientifico. Probabilmente le intenzioni di Rovelli non erano quelle di avviare una dissociazione del massimo esponente della scienza italiana (e non solo) del Novecento, ma l’insistenza con cui ha continuato a difendere la tesi del Fermi “cattivo cittadino” finisce col farlo apparire come un censore settario e inclemente. Queste forse non erano le sue intenzioni, e se è così è ancora peggio, perché ha finito con la sua tenacia confinante con l’accanimento per mettere al centro del suo ragionamento proprio gli argomenti meno convincenti.

 

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