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Cattivi scienziati
Nel metodo scientifico il mondo ha l'ultima parola
La scienza non è una fede cieca e non pretende infallibilità, ma organizza il sapere in modo tale che l’errore sia non solo possibile ma anche riconoscibile da tutti. E spesso è proprio quando gli enunciati falliscono che nascono le scoperte
Spesso si pensa di accusare gli scienziati, o chi usa il metodo razionale, di adottare semplicemente un credo invece di un altro, una vera e propria fede nella scienza, cui viene (a sproposito) dato il nome di scientismo. Questa accusa è malfondata, per una semplice ragione: la differenza decisiva fra chi usa il metodo scientifico e chi lo rifiuta non sta nel credere o non credere, ma nel modo in cui si crede. Non esiste infatti conoscenza umana che non implichi, almeno in parte, un atto fiduciario: credere che i nostri sensi non ci ingannino sistematicamente, che il passato sia un’indicazione del futuro, che le nostre inferenze siano corrette, che gli altri non ci mentano deliberatamente quando riportano un esperimento. Ma ciò che distingue il metodo scientifico non è l’illusione di fare a meno della credenza: è la costruzione di un intero apparato teorico e pratico che consente di sottoporre quelle stesse credenze a verifica, di renderle trasparenti, e soprattutto di accettare che possano essere smentite.
Il razionalista armato di metodo scientifico, in questo senso, non è colui che rifiuta di credere, ma colui che ha deciso di credere sotto condizione: crede nel valore delle prove, finché le prove reggono; crede nel metodo, finché si dimostra il migliore nel produrre previsioni corrette e coerenti; crede nei risultati, ma solo provvisoriamente, fino a quando non emergano dati migliori. È un modo di credere che include il principio della propria possibile falsificazione, ed è proprio questa apertura alla smentita ciò che la distingue radicalmente dalla fede dogmatica.
Chi accusa la scienza di essere un dogma alternativo — un credo secolarizzato che ha solo sostituito Dio con la Natura, o l’autorità religiosa con quella dell’esperto — confonde il contenuto di una credenza con la sua struttura epistemica. Ma non tutte le credenze sono equivalenti, così come non lo sono i modi in cui si arriva a formularle, né i criteri con cui si decide se mantenerle o abbandonarle. Una credenza che resiste a ogni confutazione, che cerca solo conferme e rigetta ogni possibile controprova, non ha lo stesso statuto di una credenza che nasce da un processo di indagine pubblica, replicabile e autocorrettiva. Dire che entrambe sono "atti di fede" è come dire che un aereo e un paracadute sono "entrambe cose che volano": si perde completamente la differenza che fa la differenza.
Il punto fondamentale è che, nel metodo scientifico, il mondo ha l’ultima parola. Si possono elaborare teorie sofisticate, modelli coerenti, narrazioni potenti, ma se l’esperienza — ossia l’interazione controllata con la realtà — le smentisce, esse devono essere abbandonate. È qui che si mostra la natura non dogmatica della scienza: essa non pretende infallibilità, ma al contrario organizza il sapere in modo tale che l’errore sia non solo possibile, ma atteso, e che le condizioni per riconoscerlo siano accessibili a tutti. Non ci si affida alla scienza in quanto tale, ma alla sua capacità di correggersi, di riformularsi, di imparare dai propri limiti. È una fiducia strutturata, e non una fede cieca.
La scienza, insomma, non è un sistema che elimina la credenza, ma un sistema che educa la credenza, sottoponendola a condizioni severe di legittimità. Crede chi rifiuta la scienza e crede chi la pratica; ma il primo crede nonostante tutto, il secondo fino a prova contraria. In questo sta la vera distanza: non nella fede in un certo tipo di realtà, ma nella qualità del controllo e nella disposizione a cambiare credenza.
Dunque sì, anche lo scienziato ha fede in un metodo e negli enunciati che con quel metodo sono stati messi alla prova; ma se dovessero fallire, sia il primo che i secondi, di fronte ad una nuova prova, egli si riterrebbe fortunato, perché è da qui che nascono le scoperte, e le credenze sue e di tutta la comunità scientifica cambiano.