Scienza e società
Le idee di Feyerabend, l'anarchico della filosofia
Il sociologo austriaco difende la libertà dallo scientismo inseguendo l'idea di una società libera, senza trattare il cittadino come un immaturo incapace di sostenere la responsabilità delle proprie scelte
Una società libera non è una costruzione progettata a tavolino e governata da una cabina unica di comando, ma un ordine complesso costituito da norme, istituzioni e persone. Se è vero che vive un perenne stato di tensione, giacché non è un sistema retto da qualcuno, è altrettanto evidente che oggi corre forse ancor più rischi e pericoli. Qualcuno potrebbe ad esempio temere il populismo – termine vago che si presta a essere riempito con qualsiasi contenuto che non piace – e la demagogia. Ma va evidenziato pure, o forse soprattutto, che una società libera non gode di buona salute per la scarsa qualità umana che la caratterizza. Leggere quanto scrisse quasi un secolo fa José Ortega y Gasset sulla ribellione delle masse è quasi d’obbligo per chi voglia capire un poco della contemporaneità. Questo è però solo un lato della medaglia. Troppo facile dare addosso esclusivamente alla massa.
Noto ai più per il motto anarchico “tutto va bene” (anything goes), in riferimento alla non esistenza di un metodo scientifico universalmente valido, Paul Feyerabend (1924-1994) è stato un pensatore davvero eccentrico e per certi aspetti geniale. Anche se è stato etichettato come anarchico, il suo anarchismo non era frutto dell’appartenenza a una dottrina filosofica, quanto piuttosto il risultato delle circostanze. La causa delle libertà lo ha tuttavia sempre titillato. Come ha scritto in uno dei saggi che compongono la raccolta “Conoscenza e libertà”, pubblicata da Elèuthera, una società libera non può essere teleocratica, mossa cioè dall’entusiasmo per una causa: essa è piuttosto una società astratta e amorale, nel senso cioè che fornisce un’impalcatura entro la quale vivere, ma senza prescrivere la direzione da seguire. Dato ciò, per Feyerabend uno dei problemi cruciali per preservarla era difenderla dal fanatismo degli esperti. Contrariamente all’opinione che avevano di lui i critici, Feyerabend è convinto dell’utilità della scienza, purché essa non diventi appannaggio esclusivo degli addetti ai lavori: a patto che, in sostanza, non diventi un’ideologia, lo scientismo.
Gli esperti, infatti, hanno quasi sempre l’ossessione di imporre, anche mediante un linguaggio poco chiaro, la propria parziale visione delle cose. Con ciò si viene a creare una situazione paternalistica, tale per cui si crede fallacemente all’esperto in grado di risolvere qualsiasi problema, da un lato, mentre d’altro canto si ritiene l’individuo comune affetto da minorità intellettuale: un bell’ossimoro, considerata la scienza come strumento illuministico! Per Feyerabend, non vi è infatti cosa peggiore che trattare il cittadino come un immaturo non in grado di effettuare scelte liberamente e di sostenerne il peso con responsabilità. Ma la maturità si acquisisce solamente mettendo a dura prova la capacità di scegliere fin da bambino e sottoponendo quest’ultimo a molte idee anche contrastanti. Porre al riparo l’uomo da opinioni e idee reputate sbagliate significa alimentare un universale homo insipiens gregarius.
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