cattivi scienziati
Perché la vita non nasce più nelle "pozzanghere calde" di Darwin
Una alta probabilità di emersione spontanea della vita nelle condizioni della Terra primitiva non è in contraddizione con il fatto che non continuiamo a osservare la sua generazione spontanea nel mondo moderno
Una domanda che ricorre frequentemente quando scrivo di abiogenesi ed evoluzione prebiotica, e che anche ieri mi è stata rivolta da un lettore del mio ultimo libro, suona così (riporto le parole con cui è stata formulata appunto ieri): perché la vita “non si genera di continuo spontaneamente nelle pozzanghere”? Oppure anche: “l’uomo potrà assistere e documentare un giorno la generazione di giovani forme di vita elementari non nate da altre forme viventi, ma da un’evoluzione molecolare simile a quella accaduta 3,5 miliardi di anni fa”?
Si tratta di un’ottima domanda, e in parte riflette un dibattito durato a lungo nei secoli passati, quello sulla generazione spontanea degli esseri viventi dallo “sporco” (concetto largamente condiviso fino all’epoca moderna): se l’abiogenesi è avvenuta, e se per giunta sono sempre più le possibili vie di evoluzione prebiotica che sono individuate dai ricercatori, come mai abbiamo abbandonato l’idea che la vita possa sorgere spontaneamente dal fango, come sostenevano i alfieri della generazione spontanea, definitivamente sconfitti da Pasteur solo nel 1864?
La soluzione di questo apparente paradosso – peraltro spesso usato da coloro che, contrariamente ai miei lettori, sostengono una delle tante forme di creazionismo e si oppongono all’idea dell’abiogenesi – è più semplice di quanto si pensi, e risiede nell’analisi dei processi che abbiamo individuato come permissivi dell’evoluzione chimica prebiotica in grado di portare ai giusti componenti per la vita.
Questi processi, naturalmente, sono stati studiati nelle condizioni chimico fisiche che si ha ragione di pensare fossero presente nel nostro pianeta almeno fino a 3,5 miliardi di anni fa, quando abbiamo ragione di credere sia cominciata l’avventura della vita. Queste condizioni oggi, semplicemente, non esistono più.
Farò un esempio concreto, per illustrare meglio ciò a cui mi riferisco. Sono state identificate molte strade per ottenere la sintesi spontanea di tutte le principali classi di composti alla base della chimica degli organismi viventi; in molti casi, per ottenere composti di complessità sufficiente, è indispensabile la catalisi mediata da alcuni metalli, abbondanti negli ambienti acquosi primitivi dove potrebbe essersi svolta l’evoluzione prebiotica. Questi metalli, nel mondo di oggi, sarebbero in grandissima parte ossidati dall’ossigeno abbondantemente diffuso nell’atmosfera e disciolto nell’acqua, così che la loro funzione catalitica verrebbe meno. Prima di 2,4 miliardi di anni fa, cioè prima che l’evoluzione dei cianobatteri fotosintetici non immettesse enormi quantità di ossigeno nell’atmosfera, questo non era certo un problema, ma oggi lo stesso indispensabile carburante per la vita complessa rende impossibili molte delle vie che potrebbero essere state attive durante l’evoluzione dei precursori della vita.
Per fare un altro esempio, miliardi di anni fa la pressione atmosferica dell’anidride carbonica era vicina ad 1 bar, con la conseguenza che gli oceani erano acidi, con un pH da 5 a 6; condizione questa permissiva di molte reazioni utili alla formazione dei mattoni elementari della vita, ma non più presente al giorno d’oggi.
Negli esempi che ho scelto, è la vita stessa ad aver cambiato completamente l’ambiente chimico globale, cambiando drasticamente la composizione e la natura dell’atmosfera e degli oceani; il che implica che un processo storico, quello dell’evoluzione della vita stessa, ha alterato e continua ad alterare l’ambiente in maniera tale, che esso non consente più la ripetizione degli eventi iniziali – senza che neppure ci sia bisogno di invocare stocasticità ed eventi a bassa probabilità per giustificare l’irrepetibilità della storia della vita.
La vita, in un certo senso, catalizza il suo stesso cambiamento e la sua evoluzione, perché influisce sul suo ambiente in modo da cambiare le condizioni di evoluzione e di selezione; e questo, naturalmente, aumenta sia l’imprevedibilità che l’irripetibilità del percorso evolutivo complessivo.