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cattivi scienziati

Dopo Covid siamo più preparati a gestire una pandemia? L'Oms dice di no

Enrico Bucci

Regolamenti sanitari internazionali in stallo, carenza di finanziamenti e impreparazione degli stati. Senza un cambiamento di approccio assisteremo al ripetersi degli stessi problemi quando emergerà una nuova minaccia. Un pacchetto di misure indispensabili

Spesso si dice che la storia è maestra, ma che nessuno ascolta realmente le sue lezioni. Che il passato possa o meno insegnarci qualcosa utile per il futuro, appare senza dubbio vero che, persino dopo una pandemia che ha causato milioni di morti, gran parte dell’esperienza fatta non è servita a migliorare la nostra preparazione per contrastare nuove ondate pandemiche al loro sorgere in modo più efficace. Questa è l’amara conclusione che è stata raggiunta da un apposito comitato dell’Oms, con l’incarico di valutare la preparazione globale alle pandemie: oggi siamo allo stesso punto o peggio di prima del Covid-19.

  

A leggere il rapporto appena rilasciato, si trova traccia di alcuni progressi fatti, come per esempio le azioni necessarie a creare un fondo globale per la sicurezza sanitaria all'interno dell'Oms e un aumento dei finanziamenti complessivi dell'Oms.

 

Ma il problema principale è stato riscontrato, più che a livello di risorse, a livello di adozione di strumenti di azione coordinata a livello globale, ovvero di regolamenti sanitari internazionali dedicati alla risposta pandemica, i quali sono attualmente in stallo o la cui riforma sta procedendo troppo lentamente. Nell’introduzione al rapporto citato, si legge infatti che un anno dopo le raccomandazioni che lo stesso comitato aveva prodotto, “l'attenzione politica per prepararsi a più ondate si sta attenuando. Sono iniziati i lavori per prevenire la prossima pandemia, ma al ritmo attuale, il cambiamento trasformativo richiesto richiederà anni per essere completato.” In particolare, troviamo nel rapporto che “il gruppo di esperti indipendenti aveva precedentemente trovato anelli deboli in ogni punto della catena di preparazione e risposta. La preparazione risultava incoerente e sottofinanziata. Il sistema di allerta troppo lento e troppo tenue. L'Organizzazione Mondiale della Sanità senza poteri sufficienti. Le disuguaglianze accentuate. La leadership politica globale assente”. Per risolvere questi problemi, il comitato, oltre un anno fa, aveva raccomandato un pacchetto di riforme urgenti e attuabili. Nel novembre 2021, cioè sei mesi dopo le prime raccomandazioni, si era già concluso che il mondo stava perdendo tempo: il cambiamento era troppo lento e troppo piccolo. Oggi, e critiche che leggiamo nel rapporto appena uscito sono se si vuole ancora più severe.

    

Sapendo che l’equa distribuzione delle risorse in tutto il globo è indispensabile per evitare “zone rifugio” che diano al virus il tempo di evolvere e tornare a colpire, prima ancora che per ragioni umanitarie, per ragioni puramente epidemiologiche si è individuata come priorità la distribuzione rapida a tutti degli strumenti provvisti dalla scienza. Il sistema attuale, basato sul mercato e fortemente ancorato allo status quo, non è riuscito a fornirli in modo equo. In particolare, ACT-A, l'attuale meccanismo coordinato per provvedere forniture essenziali per fronteggiare Covid-19 ai paesi a basso e medio reddito, è stato istituito per consentire accesso a vaccini, test diagnostici, capacità di sequenziamento genomico e ossigeno. ACT-A è stato reso inefficace da finanziamenti insufficienti, ostacoli del mercato, accaparramento di paesi più ricchi, rifiuto di alcuni vaccini, divieti di esportazione, cattiva gestione delle dosi donate, una visione crescente che la pandemia fosse "finita" e una conseguente focalizzazione su altre priorità; adesso, persino dall'offerta eccessiva di vaccini che proteggono dalle malattie e dalla morte, pur senza bloccare la trasmissione, senza fondi sufficienti per consegnarli.

    

Anche i mezzi diagnostici e persino l’ossigeno sono stati fatti oggetto delle stesse dinamiche che hanno interessato i vaccini; ed il problema, come sottolineato nel rapporto, è che senza un cambiamento di approccio per considerare gli strumenti pandemici come beni pubblici globali, da gestire in maniera uniforme e rapida, assisteremo al ripetersi di questi problemi quando emergerà una nuova minaccia pandemica. 

    

Né va meglio se si guarda alla preparazione dei singoli stati, e soprattutto a quella globale, per quanto riguarda i sistemi di intercettazione e allerta di patogeni emergenti: lo stato in cui ci troviamo, secondo il comitato, è ancora quello che ha mostrato tutta la sua debolezza all’inizio dell’attuale pandemia. Ci troviamo cioè in presenza di mancanza di monitoraggio omogeneo, in mancanza di tecnologie ed in mancanza di coordinamento globale.

  

Arriviamo, quindi, alle misure che il comitato di esperti indipendenti dell’Oms reputa indispensabili. Innanzitutto, è necessaria l’urgente istituzione di un consiglio indipendente per le minacce alla salute presieduto dai capi di stato, in modo da avere una diretta connessione fra luogo in cui si genera l’informazione sulle minacce globali e potere politico di ogni nazione. Inoltre, è ritenuto imprescindibile dagli esperti un trattato pandemico mondiale e un accordo internazionale per migliorare la preparazione alle future pandemie, così da definire in modo uniforme le iniziative che ogni singola nazione si impegna ad attuare alla scoperta di nuovi patogeni pericolosi, per evitare quanto successo inizialmente in Cina.

 

Sappiamo quindi bene cosa fare; come però nel caso del cambiamento climatico, le minacce globali e non immediate tendono ad essere considerate non meritevoli di azione, soprattutto quando si tratti di sforzi globali, costosi e di lungo periodo.

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