(Foto di Ansa) 

Cattivi Scienziati

I casi di epatite nei bambini scatenano le teorie novax ma il vaccino non c'entra niente

Enrico Bucci

Sono finiti al centro dell'attenzione casi di epatite nei minori di 10 anni: mentre si attendono i dati sperimentali l'unica certezza è la mancata correlazione di questi casi con il vaccino, che avvalora l'ipotesi di legami con le infezioni da adenovirus e SARS-CoV-2

Le autorità sanitarie di molti paesi stanno cercando di capire le ragioni per un’accresciuta frequenza di casi di epatite anche molto grave in bambini da 10 anni in giù. I casi, ormai oltre 130, sono per il momento stati identificati principalmente in Scozia e Inghilterra, ove sono descritti oltre un centinaio di essi, e poi in paesi come Israele, gli USA, la Danimarca, l’Irlanda, la Spagna, l’Olanda e, da ultimo, anche l’Italia, ove sono emersi alcuni pochi casi sospetti. In tutti i casi, si tratta di epatite occorsa in bambini sani, per grandissima parte non vaccinati (nel Regno Unito, tutti), che non risultano positivi per nessun epatovirus (A, B, C, D oppure E).

Sebbene l’epatite non sia sconosciuta nei bambini, a colpire in queto caso è la severità e il numero dei casi; per quanto riguarda quest’ultimo dato, tuttavia, l’anomali è soprattutto al momento nel Regno Unito, perché in altri paesi – per esempio USA e Israele – i casi identificati sono pochi e nell’arco di molti mesi. Come tocca sempre più spesso fare in questo periodo, è bene innanzitutto ribadire cosa non sappiamo: non è noto quale sia la causa delle epatiti osservate, né è ancora certa la sua reale prevalenza (perché si stanno investigando i casi su scala nazionale solo da poco).


Le speculazioni circa un eventuale effetto della mancata esposizione dei bambini a comuni patogeni, a causa delle misure non farmacologiche per prevenire l’infezione da SARS-CoV-2, sono in questo momento prive di qualsiasi fondamento fattuale, e sono un’ipotesi come un’altra; allo stesso modo, il legame con un’infezione da adenovirus – e particolarmente da adenovirus 41, noto per causare disturbi gastrointestinali nei bambini – è nulla più che un’ipotesi di lavoro, basandosi solo sull’avvenuta identificazione in molti dei casi osservati, in un periodo tuttavia di elevata circolazione adenovirale. A complicare le cose, c’è il fatto che l’infezione da SARS-CoV-2 è nota per essere associata a conseguenze epatiche negli adulti in un alto numero di casi, ed in una coorte di soggetti deceduti il virus è stato trovato nel 69% dei tessuti epatici ottenuti per autopsia, oltre che essere stato correlato a disfunzionalità epatica in molti fra i pazienti sopravvissuti.


Pertanto, come ho risposto ieri al giornalista Gerardo D’Amico, la verità è una sola: al momento non sappiamo cosa stiamo osservando, tranne il fatto che non è dovuto alla vaccinazione contro COVID-19; ognuno vuol tuttavia iscrivere le epatiti osservate nella propria narrazione favorita, dai novax – per i quali è certo che questa sia la conseguenza predetta delle vaccinazioni nei bambini – a chi ha protestato contro le chiusure, per cui le epatiti sono conseguenza della mancata maturazione immunologica – fino a più fantasiosi individui, che intravedono un legame tra vaccino Astra Zeneca, basato su Adenovirus, e mutazione di qualche adenovirus preesistente, divenuto più pericoloso. Lo spettro delle “spiegazioni” sin qui fornito va da ipotesi non provate, ma non impossibili, fino a franche sciocchezze, contraddette dai dati o prive di verosimili meccanismi perché possano verificarsi; io inviterei i miei lettori a lasciar da parte ogni ipotesi, per il momento, attendendo dati sperimentali che non tarderanno, prima di abbracciare qualunque idea circa la causa di quanto osserviamo, nonché la sua entità, prevalenza e gravità. E lo stesso invito, ovviamente, mi permetto di rivolgerlo ai giornalisti: per i fatti scientifici, almeno, lasciamo da parte gli scoop, e badiamo al sodo.

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