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Cattivi Scienziati

Ecco perché la partita con il virus non può ancora dirsi chiusa

Enrico Bucci

È necessario abituarsi all’idea che dovremo convivere a lungo con questo e altri patogeni, confidando sulla sorveglianza epidemiologica continua

L’evoluzione di SARS-CoV-2, come quella di tutti i patogeni umani, è fortemente condizionata dalla nostra risposta immune: per semplice meccanica darwiniana, le varianti che successivamente si affermeranno nella popolazione tenderanno ad evadere l’immunità precedentemente sviluppata, che sia naturale o indotta da vaccinazioni su ampia scala.

 

Le mutazioni immunoevasive, infatti, acquisiscono ovvio vantaggio, una volta che un certo ceppo sia circolato abbastanza nella popolazione da diminuire significativamente il numero di soggetti suscettibili; e se, come nel caso di Omicron, il ceppo immunoevasivo è anche particolarmente infettivo, la selezione naturale comincerà ben presto ad agire a favore di nuove, diverse varianti immunoevasive.

 

Questa non è solo teoria: è un fatto che sta già accadendo, come dimostrano i primi isolati affidabili di virus chimera delta-omicron.

  

Questi isolati, diversi da quelli erroneamente reclamizzati a suo tempo dai ricercatori di Cipro, sono adesso supportati da dati che sembrano piuttosto solidi e per i quali non si notano ovvi errori sperimentali: dobbiamo quindi assumere che essi siano reali, e non un artefatto di laboratorio.

 

In sostanza, ciò che si osserva in molteplici isolati, ed in vari paesi, è l’inserimento di porzioni di dimensioni diverse del genoma di Omicron all’interno di un genoma di tipo Delta; in un paio di casi, il genoma di tipo Omicron è predominante, e quindi potrebbe essersi verificato l’opposto.

 

Ora, vorrei portare l’attenzione del lettore sul punto che mi interessa: in tutti i casi, i virus chimerici generati da delta e omicron hanno ereditato da Omicron BA.1 la proteina Spike. In altre parole, non si osservano virus chimerici che mantengano la Spike di delta, e abbiano pezzi di Omicron altrove.

 

Questa semplice osservazione è ben coerente con il quadro che dicevamo in apertura: la proteina Spike di Omicron è quella che ha contribuito ed in parte ancora contribuisce in maniera importante all’immunoevasione da parte di Omicron BA.1, ed è quindi un pezzo di genoma particolarmente vantaggioso, una volta emerso; il ritrovarlo in tutti i virus chimerici sin qui isolati è prova, a posteriori, del vantaggio selettivo che la Spike mutata di Omicron BA.1 conferisce.

 

Il fatto poi che si trovino chimere proprio fra delta e Omicron non deve stupire: la delta era la variante più affermata quando è emersa Omicron, e dunque la coinfezione – necessaria per la generazione di chimere – era maggiormente probabile fra questi due ceppi che fra qualunque altro.

 

Questo tipo di processi ha caratterizzato e continua a caratterizzare l’evoluzione dei coronavirus; dobbiamo attenderci che, ovunque si sviluppi una novità evolutiva vantaggiosa per il virus, essa possa diffondersi ed entrare a far parte di una sorta di bricolage evolutivo che può testare rapidamente molte più combinazioni, di quanto non sarebbe possibile attraverso mutazione graduale dei ceppi esistenti.

 

Che queste nuove combinazioni si sviluppino in esseri umani immunocompromessi – ove quindi una certa infezione sopravvive abbastanza a lungo che una sovrainfezione sia possibile – o in altri ospiti, animali più permissivi da un punto di vista immunologico come i pipistrelli, non è dato oggi saperlo; tuttavia, dobbiamo sapere che essa avviene, e sebbene dall’inizio della pandemia non abbia dato contributi sostanziali che siano stati identificati con certezza alle successive ondate, la possibilità di emersione di nuove varianti è fortemente accresciuta dall’esistenza stessa del meccanismo.

 

Ecco perché è stupido pensare che la partita con il virus sia ormai chiusa: non è così, ed è necessario abituarsi all’idea che dovremo convivere a lungo con questo e altri patogeni, confidando sulla sorveglianza epidemiologica continua e di tanto in tanto riesumando le misure non farmacologiche, di fronte a novità emergenti che causeranno sempre più l’obsolescenza dei vaccini attuali.

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