Il brutto spettacolo di un'Aifa politicizzata

Luciano Capone e Giovanni Rodriquez

I litigi Magrini-Palù e le decisioni sul caso AstraZeneca mostrano i problemi di un’autorità regolatoria condizionata dal governo e tenuta in ostaggio dalla politica   

Una delle scene più preoccupanti e deprimenti dell’emergenza Covid è vedere l’Agenzia del farmaco (Aifa) succube della politica e i suoi vertici, espressione di forze contrapposte che ora convivono nel governo Draghi, battibeccare in pubblico anziché chiarire le motivazioni tecniche delle loro scelte. E’ ciò a cui ha assistito il Parlamento, la scorsa settimana, durante l’audizione del presidente Giorgio Palù e del direttore generale Nicola Magrini sul caso AstraZeneca.


I due dovevano illustrare le ragioni e il processo attraverso cui è maturata la sospensione del vaccino di AstraZeneca alla commissione Affari sociali della Camera. E soprattutto spiegare come sia stato possibile che l’Aifa è passata, in meno di 24 ore, dal definire “ingiustificato” l’allarme sulla sicurezza del vaccino AstraZeneca a imporre il “divieto di utilizzo”. Palù, virologo di fama nominato presidente dell’Aifa su indicazione della Lega, e Magrini, tecnico vicino alla sinistra emiliana e al partito del ministro Roberto Speranza, hanno mostrato tutta l’ostilità reciproca maturata in questi mesi di convivenza: Magrini si metteva le mani in testa durante l’intervento del presidente e Palù sbuffava mentre il direttore generale rettificava alcune sue affermazioni. Punzecchiature reciproche, lezioni di virologia dell’uno all’altro e di sperimentazione clinica dell’altro all’uno. I parlamentari che volevano capirci qualcosa sono usciti più confusi di prima, anche perché l’unica cosa su cui entrambi erano d’accordo era il non assumersi la responsabilità della decisione dell’Aifa di sospendere il vaccino AstraZeneca. Per Palù si è trattato di una “risposta esagerata” da parte dei paesi europei in un contesto che vede solo in Italia circa 500 morti al giorno per Covid, per Magrini le ragioni del divieto sono da ricercare nella politica. Nessun motivo scientifico, dunque. E una spiegazione che peraltro contrasta con quanto dichiarato dal presidente del Consiglio Mario Draghi durante la conferenza stampa per la presentazione del decreto “Sostegni”, che ha definito lo stop una scelta “non politica”.

 

Più credibile la versione di Magrini. Anche perché negli ultimi mesi l’agenzia da lui diretta si è mostrata particolarmente sensibile nel rispondere alle richieste della politica su diverse questioni cruciali. Due gli episodi più emblematici che lasciano trasparire non solo il clima conflittuale che si respira ai vertici dell’Aifa, ma anche la reattività alle sollecitazioni provenienti dalle istituzioni: gli anticorpi monoclonali e la querelle su AstraZeneca. I monoclonali sono stati autorizzati il 3 febbraio, quando la Commissione tecnico-scientica di Aifa – e subito dopo il ministero della Salute – ha approvato l’uso in via emergenziale di quelli prodotti da Regeneron e da Eli Lilly. Ma fino a pochi mesi prima, senza che nel frattempo ci sia stato un mutamento delle evidenze scientifiche, l’Aifa si era opposta all’approvazione dei monoclonali. L’unica cosa che è cambiata nel mezzo è stata la pressione politico-mediatica. Anche in questo caso c’è stato conflitto tra presidente e dg, tanto che in un’intervista “rubata” (almeno così viene definita) a “Piazzapulita” Palù, che era favorevole all’autorizzazione, ha accusato il dg di Aifa del ritardo: “Cosa vuole che le dica, che è stata colpa di Magrini? Dai non posso dirglielo”, alludendo ad altri progetti concorrenti finanziati dal governo.


In maniera del tutto analoga, l’Aifa ha prima autorizzato il vaccino AstraZeneca limitatamente agli under 55 e poi, dato che la scelta aveva creato un buco al piano vaccinale nella fascia 55-65, in seguito al pressing politico di governo e regioni, Aifa ha esteso l’uso fino a 65 anni. Anche in questo caso nessuna spiegazione tecnico-scientifica, come d’altronde si è poi visto per il repentino cambio di parere sulla sospensione del vaccino sempre di AstraZeneca. Per inquadrare meglio il contesto di questa scelta va considerato il contesto in cui sono state prese. In quei giorni, Magrini era in attesa di riconferma: con il cambio di governo Speranza poteva attuare lo spoils system sostituendolo, come peraltro aveva fatto con il predecessore mettendo proprio Magrini. Probabilmente, visti i precedenti, l’Aifa avrebbe comunque accontentato la politica. Ma la conferma di Magrini è arrivata il 17 marzo, due giorni dopo la decisione di Aifa di rimangiarsi quanto dichiarato sul vaccino AstraZeneca il giorno prima. Avere i vertici dell’autorità regolatoria dei medicinali in conflitto tra loro e attenti alle volontà della politica più che alle evidenze scientifiche non è il massimo in una pandemia.