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Cattivi scienziati

Il virus dell'annuncite sui farmaci anti Covid

Enrico Bucci

Per gli americani, il Remdesivir funziona. Smentito l’Oms, che rimedia un’altra brutta figura. Ora inizia la corsa al farmaco

Nelle ultime 24 ore i nuovi casi di Covid-19 sono stati 19.143 (il giorno precedente erano stati 16.079). Oltre 5 mila persone sono state contagiate in Lombardia. I morti sono in calo (91, contro i 136 di giovedì) mentre si è registrato un nuovo record dei tamponi processati, che sono stati 182.032 (11.640 in più rispetto al giorno precedente). I ricoverati in terapia intensiva sono 1.049 (più 57 ieri).


 

Come volevasi dimostrare, sulla scorta dei risultati ottenuti su diverse prove cliniche randomizzate, il Remdesivir è stato definitivamente approvato come antivirale contro il Sars-CoV-2 dalla Food and Drug Administration (Fda) americana. Il farmaco è stato approvato per l’uso in pazienti adulti e pediatrici di età pari o superiore a 12 anni e con un peso di almeno 40 chilogrammi per il trattamento del Covid-19 quando questo richieda il ricovero ospedaliero. Il commissario della Fda, Stephen Hahn, ha affermato che l’approvazione “è supportata dai dati di molteplici studi clinici che l’agenzia ha rigorosamente valutato”. Nello specifico, sono stati valutati “tre studi randomizzati e controllati che includevano pazienti ospedalizzati con Covid-19 da lieve a grave”.

 

Ora, di fronte a questo risultato e a queste dichiarazioni, è necessario inquadrare meglio le dichiarazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) di una decina di giorni fa, ampiamente riprese dai media. Anticipando dei risultati ad interim di uno studio clinico intitolato “Solidarity Therapeutics Trial”, l’Oms aveva preso in esame vari trattamenti, tra cui anche il Remdesivir, ed era arrivata alla conclusione che “sembrano avere un piccolo o inesistente effetto sulla mortalità a 28 giorni o sul decorso ospedaliero del Covid-19 tra i pazienti ricoverati”.

 

Le dichiarazioni dell’Oms si fondano innanzitutto su dati ad interim, che non sono definitivi. In secondo luogo, queste dichiarazioni trovano supporto solamente in un preprint, non in pubblicazioni sottoposte a peer review come gli studi considerati invece dall’Fda; di conseguenza, bisogna vedere ancora quanto i dati e le interpretazioni siano solidi. A questo proposito, l’analisi dettagliata del preprint che smentirebbe l’efficacia del Remdesivir dimostra come lo studio “Solidarity” sia ben lontano dallo standard di riferimento per stabilire l’efficacia di un farmaco, cioè un trial randomizzato in doppio cieco; mancano dati di dettaglio sia sui controlli sia sui pazienti trattati e le variabili confondenti sono parecchie. Al contrario, i dati esaminati dall’Fda comprendono quelli di un trial randomizzato in doppio cieco, su centinaia di pazienti trattati e di individui di controllo, pubblicati su una rivista prestigiosa dopo peer review. Pertanto, come minimo ci si dovrebbe porre il dubbio sul perché l’Oms abbia nuovamente fatto dichiarazioni prima del tempo, come furono quelle sulla maggior letalità della clorochina che si basavano su uno studio fraudolento pubblicato su Lancet o come furono a suo tempo quelle sull’uso delle mascherine. Allo stesso tempo, vale quanto già suggerito su queste pagine circa le scorte e le provvigioni di cui si devono dotare gli ospedali italiani, non solo per questa seconda ondata, ma anche per quelle eventualmente successive: abbiamo, per esempio, disponibilità di Remdesivir per i cittadini del nostro paese, o si tratta di un farmaco dedicato a pochi privilegiati come Silvio Berlusconi?

 

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