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il caso

Quell'errore sui medici tra gli emendamenti alla manovra

Redazione

In un emendamento segnalato dal governo si vuole riportare indietro di anni l'intero impianto normativo: la proposta prevede che il sanitario “risponda in via principale” del proprio operato secondo l’articolo 1218 del codice civile, contraddicendo lo scudo penale per i medici introdotto col Covid

Nel dibattito sulla sanità, la responsabilità professionale è tornata centrale, con una contraddizione. Da un lato il governo mantiene lo scudo penale introdotto durante il Covid per garantire serenità ai professionisti; dall’altro, un emendamento alla manovra segnalato come prioritario rischia di riportare indietro di anni l’intero impianto normativo. La proposta prevede che il sanitario “risponda in via principale” del proprio operato secondo l’articolo 1218 del codice civile, reintroducendo una responsabilità contrattuale che la legge Gelli-Bianco aveva superato, limitando la responsabilità del medico alla  colpa grave e rendendo quella delle strutture la via ordinaria. Un equilibrio nato per tutelare i pazienti senza trasformare i professionisti nel bersaglio immediato dei contenziosi. Il mondo medico reagisce con durezza: Anaao, Cimo e Fnomceo parlano di  “ritorno alla caccia al medico”. L’emendamento isolerebbe il professionista, lo esporrebbe a responsabilità amplificate e permetterebbe alle strutture di rivalersi su di lui, in un contesto  segnato da carichi insostenibili e carenze di personale. Paradosso: mentre si discute di nuove tutele per restituire serenità ai medici, un singolo intervento rischia di renderli i primi bersagli delle richieste di risarcimento e di indebolire ulteriormente il Ssn, accelerando la fuga dei camici bianchi.

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