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Editoriali
I buchi della manovra sulla sanità
Meloni annuncia l’aumento del Fondo sanitario. Ma i dirigenti protestano e hanno ragione: non solo i fondi reali risultano più modesti di quelli annunciati, ma le risorse effettivamente stanziate vengono distribuite secondo criteri che sfidano ogni principio di equità
Mentre la presidente Meloni annuncia, prima da Palazzo Chigi e poi dall’aula del Senato, un incremento del Fondo sanitario frutto di un’aritmetica creativa — con miliardi che si materializzano nei discorsi e si dissolvono nei conti reali — la dura realtà bussa alle porte degli ospedali con un atto formale: la proclamazione dello stato di agitazione da parte dei dirigenti sanitari del Ssn. È un ritorno brusco, ma necessario, alla terra dopo i voli pindarici della narrazione governativa. Perché, proprio mentre la premier dipinge un Servizio sanitario rifinanziato e rinvigorito, la manovra 2026 sembra tradire quelle stesse professioni su cui il sistema dovrebbe poggiare.
La beffa è doppia: non solo i fondi reali risultano più modesti di quelli annunciati, ma le risorse effettivamente stanziate vengono distribuite secondo criteri che sfidano ogni principio di equità. Il nodo è nelle cifre: l’incremento dell’indennità di specificità medica e sanitaria registra una disparità di oltre sei volte tra medici e dirigenti sanitari, e di oltre tre volte tra infermieri e dirigenti sanitari. Una sproporzione che ignora completamente la diversa formazione (nove anni contro tre), il ruolo dirigenziale e le responsabilità fissate dalle norme vigenti. A completare il quadro c’è l’amara ironia delle prestazioni aggiuntive. Le categorie della dirigenza sanitaria vengono escluse del tutto, mentre restano incluse quelle mediche e il personale sanitario del comparto. L’Anaao Assomed spiega con chiarezza l’assurdo: “All’interno della stessa équipe e con pari responsabilità di incarico dei medici, i dirigenti sanitari vengono esclusi, mentre il personale tecnico sanitario può effettuare prestazioni aggiuntive. Così il dirigente, responsabile della prestazione erogata dal servizio, resta tagliato fuori”. Forse si tratta di “errori inconsapevoli”, proprio come certi annunci trionfali. Ma è questo, in fondo, il punto: una manovra che pretende di rilanciare la sanità pubblica può davvero permettersi distrazioni così macroscopiche da umiliare intere categorie professionali?
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