
Ansa
Il rapporto
Assumere medici e infermieri potrebbe non bastare, dice Agenas
L’Italia mantiene una media di 5,3 dottori ogni 1.000 abitanti, superiore a quella europea, ma continua a scontare una distribuzione disomogenea sul territorio e una crisi nelle specializzazioni più critiche. Per gli infermieri, la situazione è persino più complessa
E’ una cifra che pesa come un macigno sul futuro del Servizio sanitario nazionale (Ssn): 140 mila operatori sanitari – tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari – andranno in pensione entro il 2035. A dirlo non è una proiezione teorica, ma il nuovo rapporto 2025 dell’Agenas sul personale del Ssn, un documento che, con numeri precisi e preoccupanti, disegna il volto di un sistema alle prese con una gobba pensionistica senza precedenti, e che rischia di restare sguarnito proprio nelle sue componenti più essenziali.
Nel dettaglio, sono 39.158 i medici che lasceranno il servizio nel prossimo decennio, oltre 80 mila gli infermieri e più di 28 mila gli operatori socio sanitari (Oss). Tre categorie che rappresentano l’ossatura dell’assistenza sanitaria italiana, in particolare nel settore pubblico. L’età media del personale è alta: tra i medici, quasi il 40 per cento ha più di 55 anni; tra gli infermieri si supera il 29 per cento, e anche tra gli Oss si raggiunge l’11 per cento. E non si tratta di numeri ipotetici: la metodologia usata da Agenas si basa sui dati del Conto annuale 2023, prendendo come riferimento il compimento dell’età pensionabile prevista per legge. Ma in questo scenario preoccupante, una prima risposta concreta potrebbe arrivare con la prossima legge di bilancio. Il governo avrebbe intenzione di destinare 2,5 miliardi di euro aggiuntivi al Fondo sanitario nazionale, che nel 2026 potrebbe così raggiungere quota 143 miliardi. Una cifra che servirebbe anche a mantenere la spesa sanitaria sopra la soglia del 6,4 per cento del pil.
Tra le misure in cantiere, spicca finalmente il Piano straordinario di assunzioni, annunciato un anno fa dal ministro Orazio Schillaci ma poi rimasto nel cassetto per mancanza di coperture. Ora, con nuove risorse sul tavolo, l’esecutivo punta a lanciare un programma triennale, dal 2026 al 2028, che prevede l’assunzione di 2.000 medici e 25.000 infermieri. Il costo complessivo? Circa 2,7 miliardi: 400 milioni nel primo anno, 840 nel secondo, fino a raggiungere 1,5 miliardi a regime. Tuttavia, come sottolinea il rapporto Agenas, le assunzioni da sole potrebbero non essere sufficienti se non accompagnate da un’azione di medio-lungo periodo sulla formazione. Sul fronte dei medici, l’Italia mantiene una media di 5,3 medici ogni 1.000 abitanti, superiore a quella europea, ma continua a scontare una distribuzione disomogenea sul territorio e una crisi nelle specializzazioni più critiche, come medicina d’urgenza, anestesia e radioterapia, dove le borse di studio restano spesso scoperte.
Per gli infermieri, la situazione è persino più complessa. L’Italia registra solo 6,86 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media Ue di 8,26. Il rapporto tra infermieri e medici è fermo a 1,3, molto al di sotto del valore ottimale Ocse pari a 2,1. A questo si aggiunge il calo delle iscrizioni ai corsi di laurea, con un numero di domande che nel 2024 è sceso al minimo storico, in alcuni atenei perfino inferiore ai posti disponibili. E nonostante l’ampliamento dell’offerta formativa, solo il 71 per cento degli immatricolati arriva alla laurea, secondo i dati Agenas aggiornati. Serve dunque una riflessione più ampia. Se il governo vuole davvero mettere in sicurezza il Ssn, deve agire su più fronti: aumentare le assunzioni, ma anche rendere più attrattive le professioni sanitarie, sia dal punto di vista economico sia da quello sociale. Gli infermieri, in particolare, continuano a percepire stipendi poco competitivi a fronte di una formazione impegnativa e di responsabilità crescenti. E non esiste, a oggi, una chiara strategia nazionale per invertire questo trend.
Il rischio è che, pur con nuove risorse e promesse, si intervenga troppo tardi o in modo insufficiente. Il 2026 potrebbe essere un anno chiave: se il piano delle assunzioni partirà davvero, e se sarà accompagnato da una programmazione formativa coerente, allora sarà possibile iniziare a colmare il vuoto generazionale. In caso contrario, il Ssn rischia di proseguire il suo collasso silenzioso, soprattutto nelle aree più fragili del paese. Il tempo, ora più che mai, è una risorsa da non sprecare.


Esito prevedibile
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