Tensione nella maggioranza

Cortocircuito politico al ministero della Salute

Giovanni Rodriquez

Schillaci azzera la commissione con i due No vax. Meloni non gradisce, si lavora alla successione del ministro

Il Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (Nitag), organismo chiave per le politiche vaccinali in Italia, è stato ufficialmente azzerato dal ministro della Salute Orazio Schillaci, tramite decreto – un atto che arriva dopo l’accesa polemica suscitata dalla nomina, nel nuovo comitato, di due figure note per il loro scetticismo verso le vaccinazioni: Paolo Bellavite e Eugenio Serravalle. Già dalla firma del decreto di nomina il 5 agosto scorso era chiaro che qualcosa non quadrava: nomi come Bellavite e Serravalle, noti per posizioni contro l’obbligo vaccinale e critici verso le politiche vaccinali, sollevarono subito reazioni indignate nella comunità scientifica e anche da parte di molti stakeholder istituzionali. La dirigente del dipartimento Prevenzione della Regione Veneto, Francesca Russo, rinunciò al suo mandato proprio in segno di protesta, denunciando una composizione “non coerente con le evidenze scientifiche”.


Di fronte a una petizione sostenuta da nomi prestigiosi, come Giorgio Parisi e il Patto trasversale per la scienza, che denunciavano un “grave segnale di legittimazione di teorie antiscientifiche”, e con oltre 16 mila firme raccolte, Schillaci è stato costretto a gestire la crisi. Il ministro si è trovato così a dover scegliere tra invitare i due a dimettersi – missione fallita – o revocare d’ufficio l’intera commissione Nitag. L’azzeramento, avvenuto circa dieci giorni dopo la nomina, è stato giustificato ufficialmente con la necessità di “un nuovo procedimento di nomina per coinvolgere tutte le categorie e gli stakeholder interessati” e per garantire “lavoro serio, rigoroso e lontano dal clamore”.


Eppure, al di là delle spiegazioni formali, restano evidenti le tensioni politiche: la premier Giorgia Meloni sarebbe rimasta contrariata dall’atto di revoca, definito “non concordato”, secondo fonti di Palazzo Chigi. In questo contesto instabile, sia Schillaci che Maria Rosaria Campitiello – capo dipartimento della Prevenzione presso il ministero della Salute – ne escono con l’immagine compromessa. O era evidente che Bellavite e Serravalle erano problematici (e li hanno ignorati lo stesso), oppure figurano come entità che hanno avallato un elenco – probabilmente proposto da altri – senza neppure verificare i profili dei nominati. Un buco istituzionale grave, che fa pensare a superficialità o accondiscendenza politica verso pezzi di maggioranza critici verso le politiche vaccinali.


Eppure i due nominati controversi avevano ricevuto il sostegno esplicito di Fratelli d’Italia e della Lega, rendendo ancor più fragile e ambigua la posizione ministeriale. La legittimazione politica delle nomine era evidente, ma la successiva marcia indietro ha scoperchiato tensioni interne alla maggioranza. Non solo un pasticcio tecnico, quindi, ma un possibile colpo politico interno. Un retroscena risulta particolarmente evocativo: le nomine di Bellavite e Serravalle potrebbero essere state una “polpetta avvelenata”, vòlta a colpire Schillaci e Campitiello. Nella lotta interna per il controllo del dicastero – in particolare tra le fazioni di Fratelli d’Italia – il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, starebbe promuovendo la successione di Schillaci. Il nome in pole position? Rocco Bellantone, attuale presidente dell’Istituto superiore di sanità, da lui stesso indicato a guidare l’Istituto.


Questo fa del caso Nitag una vera débâcle istituzionale, un cortocircuito tra scienza, politica e apparati ministeriali. La credibilità perduta – e forse mai realmente conquistata – pesa sulle istituzioni sanitarie. Le figure di Schillaci e Campitiello ne risultano ulteriormente compromesse, mentre una premier irritata e un sottosegretario già pronto a sostituire il ministro configurano uno scenario di guerra interna alla maggioranza. In conclusione, l’episodio Nitag rischia di lasciare segni profondi: evidenzia un indebolimento della fiducia nelle istituzioni sanitarie, un processo decisionale fragile e oggetto di contese politiche, e uno scenario interno al ministero della Salute che ricorda le Repubbliche marinare, segnato in questo caso da continue lotte intestine tra fazioni dello stesso partito.

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