Foto di Angelo Carconi, via Ansa 

Cattivi Scienziati

Quattro persone su dieci mentono sulla pandemia. I risultati di un test

Enrico Bucci

I motivi di menzogna sono diversi e sono collegati a delle dinamiche specifiche. Ecco perché le misure coercitive sono inutili se non possono essere controllate

Durante la pandemia, molti studi hanno fondato l’analisi di efficacia di certe misure di prevenzione sulla base delle dichiarazioni rese da intervistati, in ampi campioni di popolazione che raggiungessero significatività statistica. È il caso, per esempio, dell’efficacia del distanziamento sociale, dell’uso delle mascherine e di altre misure non farmacologiche. Specialmente per quel che riguarda le misure non farmacologiche più controverse, studi metodologicamente robusti e su campioni ampi hanno tuttavia dato in più di una occasione risultati contrastanti. La ragione per questa difficoltà può forse oggi meglio essere compresa, alla luce di un nuovo studio appena pubblicato su Jama Network Open.

 

Lo studio, basato su un sondaggio condotto nel dicembre 2021, ha coinvolto 1.700 persone in tutti gli Stati Uniti ha avuto un solo e decisivo obiettivo: quello di valutare il livello minimo di attendibilità delle dichiarazioni delle persone, quando parlano di Covid-19. Fra i partecipanti, un terzo aveva avuto Covid-19 ed era vaccinato, un terzo non si era mai infettato ed era vaccinato e un terzo non era vaccinato e aveva avuto il Covid-19. Nel campione oggetto dell’indagine, è risultato che 4 individui su 10 mentivano regolarmente su diversi aspetti riguardanti la pandemia e le misure per fronteggiarla. 721 intervistati (42%) hanno riferito di aver mentito almeno una volta circa la propria infezione da Sars-Cov-2 oppure di non aver seguito le raccomandazioni di salute pubblica, assicurando invece il contrario. 

In particolare, le menzogne risultate più comuni riguardavano:
1. Il rispetto delle regole della quarantena;
2. Dire a qualcuno che si stava per incontrare o con cui si era in presenza di star prendendo più precauzioni contro il Covid-19 di quanto si facesse in realtà;
3. Nascondere di poter essere o di essere effettivamente infetti, entrando in uno studio medico;
4. Dire a qualcuno di essere vaccinati, senza esserlo;
5. Dire a qualcuno di non essere vaccinati, a vaccino fatto.
Coloro che avevano meno di 60 anni di età e coloro che avevano una maggiore sfiducia nella scienza sono risultati statisticamente più propensi a mentire, ma non si sono trovate correlazioni particolari fra l’attitudine alla menzogna sul Covid-19 e convinzioni politiche, affiliazione a partiti politici o religione.

 

In particolare, a giustificazione delle menzogne, sono risultati maggiormente riportati i seguenti motivi:
1. La convinzione che il Covid-19 non sia un problema, o addirittura che sia un’invenzione;
2. L’idea che il proprio stato di salute e i comportamenti adottati non debbano interessare ad altri;
3. Il sentirsi bene in salute;
4. Il consiglio di una celebrità o comunque di un personaggio pubblico;
5. La necessità di non mancare al lavoro.
Naturalmente, come riconosciuto dagli stessi autori dello studio, anche gli intervistati oggetto di questa indagine potrebbero aver mentito; in generale, però, quando le persone autodenunciano un proprio comportamento poco etico, esse sono sincere, per cui il livello di menzogna riscontrato dall’analisi deve costituire il limite inferiore della sua prevalenza nella realtà.

 

Ora, questo studio suona un potente campanello di allarme innanzitutto per quel che riguarda le conclusioni che il decisore può trarre circa l’efficacia delle misure di salute pubblica da indagini che si basino su interviste a campione: pur metodologicamente ben condotte, esse possono fornire risultati completamente falsati, al netto del fatto che il tasso di menzogna è certamente influenzato da una miriade di fattori culturali, variabili anche con l’argomento in discussione e con il paese in cui si conduce uno studio.
Più subdolamente, questo studio tuttavia erode un bene primario, direi quasi il cemento del nostro stare insieme con gli altri: la fiducia reciproca, per quel che riguarda la trasmissione di informazioni vitali per salvaguardare lo stato di salute nostro o di chi ci è a contatto.

 

Può ben darsi che, all’aumentare del grado di intimità di una conoscenza, il tasso di menzogna diminuisca; ma il problema è che, nelle società moderne, siamo ben costretti a fidarci di estranei, vista la dimensione dei gruppi in cui viviamo. Naturalmente, ogni misura coercitiva e di discriminazione aumenta la tendenza di chi intende evaderla a mentire: e così, ogni misura coercitiva la cui applicazione non sia direttamente controllabile, deve essere ritenuta non solo una restrizione inutile, ma pure potenzialmente controproducente, visto che può innescare una risposta menzognera e dunque sortire l’effetto opposto a quello sperato.

Le gride di manzoniana memoria non sono solo inutili, ma, a quanto pare, pure dannose.

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