Ansa

Cattivi scienziati

Perché la quarantena è ancora necessaria. Anche per gli asintomatici

Enrico Bucci

Considerato l'elevatissimo indice di trasmissibilità dell'ultima variante Omicron, ogni contagiato infetterà da dieci a quindici altre persone. Con ricadute sul sistema sanitario ma anche nei luoghi di lavoro che rischiano di ritrovarsi con carenze di personale. Uno studio e qualche calcolo

Si discute molto, e a buona ragione, della durata della quarantena per i soggetti positivi al virus. Cominciamo con il ricordare un punto importante: la quarantena, nel caso di SARS-CoV-2 come di qualunque altro agente infettivo, è una misura il cui scopo consiste nell’ostacolare la propagazione del virus. Nel caso di SARS-CoV-2 anche gli asintomatici sono contagiosi, come è noto; dunque la quarantena è necessaria anche per loro, se si vuole raggiungere tale scopo.

 

Ci si potrebbe chiedere se è poi così importante diminuire la trasmissione di questo virus attraverso la quarantena, visto che per esempio per il raffreddore non ci comportiamo in questo modo: la risposta è affermativa, perchè SARS-CoV-2 può procurare, in una certa percentuale di casi, sintomi molto più seri di un raffreddore. Ora, taluno va dichiarando che gli asintomatici positivi che restano a casa, invece di recarsi al lavoro, sarebbero dei lavativi, in grado di bloccare l’Italia, vista l’alta contagiosità e l’alto numero di infetti dovuti a Omicron BA.5. Seguendone la logica, proviamo a immaginare di andare a prendere a casa tutti questi infetti “lavativi”, e portarli di peso a lavorare, visto che, non avendo sintomi, essi sono in grado di adempiere alle proprie funzioni.

 

Costoro, naturalmente, trasmetteranno il virus; in media, visto l’alto Rt di BA.5, infetteranno sul luogo di lavoro e altrove da dieci a quindici altre persone. Ora, statisticamente, fra queste persone diciamo che due o tre sviluppino febbre oltre i 38 gradi, con la conseguenza di non poter lavorare. Il risultato netto per ogni “lavativo” asintomatico mandato al lavoro sarà la perdita di giornate lavorative da parte di coloro che, infettati da questi, non avranno avuto la fortuna di restare asintomatici; e siccome il fenomeno si amplifica come è noto in maniera esponenziale, si arriverà esattamente a quello che si è osservato più volte, cioè la carenza di personale non perché, asintomatico, sta a casa, ma perché, sintomatico, non è in grado di lavorare. È una conseguenza non opinabile della legge dei grandi numeri, accoppiata ad un’altissima trasmissibilità di BA.5; una variazione sul tema, cioè, della relazione tra bassa virulenza e mortalità nella popolazione (mortalità, non letalità!) dovuta alla propagazione rapida e su scala elevatissima di SARS-CoV-2.

 

Naturalmente, sin qui abbiamo considerato solo gli effetti, diciamo così, dalla parte del datore di lavoro, nel costringere i cosiddetti lavativi – in realtà i cittadini che rispettano le indicazioni, per esempio, delle ASL – a tornare al lavoro anche se positivi, quando asintomatici; vi sono però conseguenze più sinistre di questo modo di pensare. Alcuni, infatti, non svilupperanno solo febbre, ma finiranno in ospedale, e, come hanno già ricordato sia il presidente dell’ordine dei medici che quello del 118, fra questi vi saranno casi di polmonite e casi così gravi da richiedere la terapia intensiva: ne stiamo già osservando l’aumento, in piena estate, checchè si cerchi di minimizzare in tutti i modi questo fatto.

Fatte queste considerazioni qualitative, cerchiamo di tornare alla scienza, e lasciamo perdere le frasi dal sen fuggite di chi che già in passato non ha brillato per controllo verbale e lungimiranza riguardo le capacità del virus che ci affligge. Quanto deve durare la quarantena? Perché, alla fine, di questo si tratta: per quanto tempo si è infettivi? I dati più accurati di cui disponiamo al momento riguardano Omicron BA.1, e conviene quindi partire da questi, per quanto derivati da un piccolo campione. 

Secondo questi dati, la metà dei soggetti infetti non produce più virus coltivabile a 5 giorni dal primo test positivo; prendendo invece come evento l’inizio dei sintomi o il test positivo, questo tempo diventa di 8 giorni, il tutto indipendentemente dallo stato vaccinale. Una dozzina di giorni dal primo test positivo, e si osserva che quasi nessun positivo fornisce più virus coltivabile, e dunque la trasmissibilità nel campione studiato risultava sostanzialmente nulla. Lo studio citato è piccolo, questo è vero, e non si riferisce alla variante BA.5 attualmente circolante; tuttavia, non dovrebbe essere difficile ottenere dati utili da un campione di soggetti attualmente infetti, così che entro un paio di settimane dall’inizio delle misure si possa fornire un’indicazione precisa al decisore politico e a tutti i cittadini circa la durata massima della quarantena necessaria. Il tutto lasciando perdere le chiacchiere, e tornando alle misure e ai fatti, invece che alle opinioni.

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