Cattivi scienziati

Omicron, il peggio è lontano

Enrico Bucci

Le buone notizie sulla nuova variante e le fantasie che dobbiamo dimenticarci

Alla fine, la nebbia su Omicron inizia a diradarsi. Pur se fortemente immunoevasiva, sembra proprio che, quando infetta chi è stato esposto a una precedente infezione o vaccinato da non troppo tempo, meglio ancora con una terza dose, la protezione da ospedalizzazione e malattia grave sia molto significativa. E’ una bellissima notizia, perché, guardando alle mutazioni del virus, si poteva solo prevedere l’immunoevasione, a fronte della quale, tuttavia, vi sarebbe potuta essere anche la fine della protezione clinica per i precedentemente immuni.

Abbiamo quindi oggi contezza del fatto che, per almeno due anni, tutte le varianti sin qui emerse sono controllate, almeno dal punto di vista della clinica e pur se non con identica efficacia, dai vaccini disegnati sul primo isolato virale; anche questo, se ci riflettiamo bene, è di ottimo auspicio, perché, seppure è probabile che dovremo adeguare i vaccini attuali, almeno sappiamo che la protezione clinica conferita da quei vaccini, fosse anche della durata di pochi mesi, può però schermarci da un ampio ventaglio di nuovi esperimenti evolutivi di Sars-CoV-2.

Di fronte a queste notizie, estremamente positive e confortanti, è semplicemente inutile cercare prima del tempo conferme ad altre speranze circa eventuali rabbonimenti del virus; tanto più che, al momento, tutto quanto vediamo da un punto di vista epidemiologico è spiegabilissimo, senza necessità di invocare “effetti speciali” per spiegare il più favorevole rapporto tra ospedalizzati e positivi all’infezione da Omicron. Concentriamoci sugli aspetti che contano, e lasciamo che per il resto si accumulino i dati necessari a fare affermazioni solide sulla patogenesi indotta dalla variante.

Il dato positivo che abbiamo enunciato, infatti, va raffrontato con un aspetto decisamente negativo di cui abbiamo ormai ragionevole certezza: Omicron si diffonde a grandissima velocità, non solo perché può contagiare anche gli immuni ad altre varianti, ma a quanto pare perché la propria capacità diffusiva è intrinsecamente aumentata, rendendo il contagio molto più rapido e molto più ampio. Dunque, seppure il tasso di ospedalizzazione, in presenza di popolazione con immunità pregressa, è più basso, data la velocità a cui si generano nuovi contagi e il loro numero elevato, questo tasso può comunque produrre un numero di ospedalizzazioni giornaliere ampio, con le conseguenti difficoltà per il nostro sistema sanitario e per il nostro provatissimo personale addetto.

Per questo il modo di affrontare Omicron è abbastanza chiaro: da una parte, dobbiamo diminuire ancora la frazione di soggetti contagiati che sarà potenzialmente ospedalizzata, da un’altra dobbiamo cercare di non creare occasioni di contagio troppo facile, da un’altra ancora dobbiamo soccorrere il personale ospedaliero, da troppo tempo lasciato in condizioni difficilissime.

Per il primo punto, la soluzione è una: vaccinazione, e terze dosi in particolare, tolgono legna dal fuoco, e dunque questa strada va perseguita con la massima energia.

Per il secondo, è chiaro che è necessario ancora una volta diminuire gli assembramenti al chiuso senza mascherina; diversamente dalle varianti precedenti, e come insegna il caso di un ristorante a Oslo, questo vale sia per vaccinati che non vaccinati.

Per il terzo punto, non esistono soluzioni immediate, ma è vergognoso che dopo due anni di promesse, il personale e le strutture siano stati trascurati, e gli incentivi lasciati sulla carta. Conosco personalmente decine di casi in cui medici e infermieri sono senza ferie da anni; per non parlare di chi presta la sua opera anche la domenica. E’ uno scandalo che non possiamo permetterci.

Bene; come avevo scritto tempo fa, lo scenario peggiore è lungi da noi; l’immunità pregressa protegge dalla clinica, e quindi, a meno di chi ostinatamente rifiuta il vaccino, i rischi clinici individuali sono controllabili. All’inizio del prossimo anno, va aggiunto, avremo probabilmente un primo antivirale che, a giudizio fin qui almeno di Fda, è per ora ben efficace, e che quindi aggiungerà un diverso livello di protezione. Abbiamo ancora una volta l’occasione per fare tesoro di quanto abbiamo imparato; smettiamo di trastullarci con idee affascinanti, ma lontane dall’essere provate, e teniamoci strette le certezze positive che abbiamo. Auguri a tutti!

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