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Il Foglio salute

Il vaccino non è obbligatorio, ma...

Luisa Brogonzoli

Il necessario supporto della comunità perché tutti rispettino le regole

"Il vaccino non è obbligatorio, ma…”, è una delle frasi più usate di questi ultimi mesi. Prima che i vaccini arrivassero erano invocati dai più, si lamentava il ritardo di attivazione del nostro paese ed erano state ventilate iniziative di sensibilizzazione e campagne per renderci edotti e responsabili col risultato che si è passati dalla minaccia di un’invasione di primule a una delega ai media senza nessuna strategia istituzionale. E gli altri paesi? Gli esempi sono così tanti, diversi e fantasiosi da meritare una divagazione. Bastone o carota? A eccezione di pochi stati come l’Indonesia e la Serbia, in cui verranno applicate sanzioni economiche per chi rifiuterà il vaccino, è la strategia della carota a prevalere.

“You know what this is? It’s the metaphorical door to freedom” è lo slogan della campagna della Nuova Zelanda che, come Australia e Singapore, ha realizzato diversi spot comprensibili a tutti, incoraggianti e persino divertenti. Per la campagna comunicazione gli inglesi – famosi per gli attenti studi tra costi e opportunità in ambito sanitario – hanno speso ben 160 milioni di sterline. 

In Cina gli incentivi variano a seconda delle regioni e vanno da beni di prima necessità, come uova, farina e pollo, sino a premi in denaro o biglietti gratuiti per luoghi dell’entertainment. Regalare qualcosa di goloso subito dopo il vaccino è un espediente molto diffuso, come il gelato in Russia e i piatti più tipici, come i gyoza in Giappone e il biryani in India. 

L’India è, insieme agli USA, il paese con la maggiore offerta di premi e cotillon: cibo, gioielli, frullatori e sconti fiscali. Negli Stati Uniti spopolano popcorn e dolci, biglietti per stadi e musei, buoni sconto, videogiochi, ma per i maggiorenni persino birra – promossa in New Jersey con lo slogan Shot and a Beer – e bustine di marijuana (Pot for shot); anche diverse aziende si sono messe in gioco offrendo ferie pagate o bonus economici ai dipendenti che si fanno vaccinare.
Non è certo un cono gelato a far vaccinare le persone, ma sono simboli importanti. Il silenzio italiano non può tuttavia diventare un alibi per la mancanza del senso di responsabilità individuale. Ritornano temi che risultano ancora irrisolti: stabilire come e quanto lo stato debba regolare comportamenti comunitari e verificare la conformità delle condotte individuali, sia quelle normate quanto quelle consigliate. Il divieto di assembramento è un obbligo, vaccinarsi un consiglio. Il giusto equilibrio andrebbe ricercato nel nesso concausale tra il senso di appartenenza civile e la responsabilità sociale. E quando ciò non fosse sufficiente a garantire il benessere collettivo?

A febbraio una ricerca condotta da AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa aveva illustrato la propensione degli italiani verso il vaccino e le richieste che venivano avanzate per migliorare il livello di adesione. Il 65,2 per cento era intenzionato a vaccinarsi – con più ampia adesione per gli over 65 – e gli indecisi chiedevano informazioni più chiare e trasparenti. Dopo più di tre mesi il numero degli indecisi e di chi non vuole fare il vaccino sta aumentando: oltre un milione di italiani tra i 60 e i 69 anni non risulta nemmeno prenotato, nonostante appartenente al target potenziale dei più convinti. E intanto la comunicazione – istituzionale, chiara, per tutti – latita.

Perché una regola funzioni necessita del supporto della comunità, di un impegno comune, di una convergenza di intenti. Non dimentichiamo che la consapevolezza del fatto che una maggioranza rispetti le regole può determinare una maggiore propensione a non rispettarle. “Tutti stanno andando a farsi vaccinare, se io non lo faccio non andrà certo a incidere”. Come incentivare ogni cittadino a perseguire un obiettivo comune? Quali sono oggi le regole necessarie a garantire comportamenti sociali orientati a raggiungere più efficacemente possibile il benessere collettivo?

In quest’epoca, a fronte delle dichiarazioni di negazionismo, di atteggiamenti di noncuranza delle regole sul distanziamento, del rifiuto vaccinale, non può bastare puntare il dito sugli errori istituzionali, serve che le persone prendano una posizione chiara rispetto a possibili fazioni e agiscano coerentemente. È indispensabile l’attivazione di ognuno e della collettività insieme per riassaporare le libertà cui eravamo abituati, a partire da quella per la vita. 

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