il foglio salute

“Servono scelte nette sulla medicina territoriale, non retorica”, dice Livia Turco

Eva Massari

La salute è un bene comune. “È indispensabile costruire percorsi unitari che partano dalle persone e non dalle patologie”

Di Livia Turco conosciamo la prolifica carriera, che l’ha vista iscriversi giovanissima alla FGCI di Torino per diventarne poi segretario. Viene eletta in Parlamento per la prima volta nel 1987 e dal 2006 al 2008 è ministro della Salute del governo Prodi. Nel 2007 dà forma al progetto “Le case della salute”, che è tornato di grande attualità in questo periodo. 

 

 

Negli ultimi mesi si sta sentendo parlare molto di medicina di prossimità, ma cosa si intende con questa espressione e cosa ci dice del modo in cui sta cambiando la sanità?
La pandemia ha dimostrato che un virus oscuro può mettere in scacco la nostra vita e quella di tutta l’umanità. Abbiamo misurato la nostra fragilità, la nostra interdipendenza, il nostro essere soggetti globali; abbiamo misurato quanto male abbia fatto la tesi della onnipotenza dell’uomo, del suo incontrastato primato sulla natura, della sua concezione individualistica, della prepotenza dell’io. 


Abbiamo rivalutato quel detto semplice che recita che “la salute viene prima di tutto” interpretando la salute non solo come diritto fondamentale ma come bene comune, bene globale che deve essere promosso da una società in salute. E allora ritornano gli insegnamenti che da Alma Mata si sono succeduti nel corso del tempo da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: la salute come bene comune promossa da una comunità in salute mette al centro la medicina del territorio la medicina di prossimità. Mi auguro che dopo tanta retorica sulla medicina territoriale ascoltata in questo anno si compiano delle scelte nette. Che cosa si intende per salute come bene comune, medicina di prossimità, salute di comunità? E in più non è una domanda a parte, va inserita nella riposta precedente. La salute di comunità si fonda su alcune scelte valoriali e di politica sanitaria e sociale che bisogna avere molto chiare e condividere con rigore.

 

 

Quali sono?
Innanzitutto l’offerta di cura di base del territorio deve diventare centrale mentre le funzioni specialistiche e di ricovero assumono un ruolo di strumento del progetto di comunità. E’ indispensabile costruire percorsi unitari che partano dalle persone e non dalle patologie ed accompagnino i cittadini nel loro percorso di salute. Ne deve nascere un sistema integrato (sociale sanitario, territorio, ospedale, domiciliarità professioni di diversa estrazione, promozione, prevenzione cura, riabilitazione) basato su una alleanza non formale tra tutte le risorse del territorio.


I servizi sanitari e sociali devono andare incontro alle persone, scovare il loro disagio, non attendere che le persone vadano ai servizi perché tante volte proprio le persone che hanno bisogno dei servizi non li conoscono e non li sanno auto utilizzare, e le figure professionali, il no profit, l’intervento pubblico e la comunità nel suo insieme devono ascoltare e valorizzare le competenze della persona nella promozione della sua salute.

 

Come vengono promosse le politiche della salute?
Attivando la partecipazione attiva dei cittadini e di tutti i corpi intermedi secondo il principio della democrazia deliberativa; il prendersi cura delle persone deve diventare un ingrediente della cittadinanza e della democrazia e dunque deve impegnare tutti i cittadini e tutte le cittadine.


I professionisti inoltre devono mettere in comune i diversi contenuti specialistici ed essere facilitati nel confronto e nel lavoro interistituzionale. Per costruire una diversa cultura del servizio e della relazione che ha cura serve una ridefinizione radicale delle professioni, un diverso percorso formativo di base e un impegno di formazione permanente nell’ottica della complessità oltre gli specialismi pur necessari. Vanno necessariamente valutati gli impatti che sulla salute della persona e della comunità hanno i cosiddetti “determinanti della salute” ed essi vanno tradotti in politiche di miglioramento dei contesti di vita rendendo concreto il principio indicato dall’Unione europea molti anni fa di promuovere la salute in tutte le politiche attraverso i Piani Intersettoriali per la salute, regionali e nazionale.


Bisogna inoltre saper leggere i nuovi bisogni di salute come quelli connessi all’impoverimento che ha molti volti, tra i quali la povertà educativa che colpisce i bambini e i minori; la necessità di promuovere come aspetto integrante della pratica medica e della presa in carico della persona la medicina transculturale e l’impatto di genere sulla salute; bisogna affrontare con una cultura radicalmente nuova l’ invecchiamento della popolazione e costruire in modo coerente la domiciliarità per garantire il diritto alle persone di vivere in autonomia e nel proprio ambiente di vita.

 

Quando era ministro della Salute, precorrendo i tempi, immaginò di realizzare la Casa della salute. Da che esigenze partiva l’idea e quali bisogni copriva?

Dal fatto che i servizi sanitari e sociali territoriali attualmente dispersi e frammentati debbano essere visibili e fruibili e siano concentrati entro uno stesso luogo fisico, la Casa della Salute o la Casa della Comunità per l’appunto.

 

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