Roma Capoccia

La Torre dei Conti a rischio parziale demolizione

Gianluca De Rosa

Dopo il crollo, in mezzo ai Fori una zona rossa che durerà mesi. Il Prof. Andrea Carandini: “La Torre va salvata”

“Demolire la Torre dei Conti? Ma assolutamente no, più che demolire quel che rimane bisogna ricostruire ciò che è crollato. A radere al suolo sono bravi anche i bambini sulla spiaggia con i castelli di sabbia”, dice al Foglio Andrea Carandini, professore emerito di Archeologia e Storia dell'arte greca e romana della Sapienza ed ex presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali del ministero. Su largo Corrado Ricci, a un passo dai Fori imperiali, le transenne disegnano un’area larga, una zona rossa interdetta a tutti, a eccezione dei Vigili del fuoco. Si temono nuovi crolli. La parte superiore, con quattro pareti che non si reggono più a nulla, a quasi 30 metri d’altezza, è stata incatenata per evitare ulteriori cedimenti. La zona rossa è destinata a durare a lungo. Almeno tre mesi. E non solo perché l’area è sotto sequestro della Procura che indaga per omicidio e disastro colposo, ma anche per il timore che parte della Torre possa ancora crollare. I pompieri hanno installato alcune apparecchiature per la rilevazione dei micromovimenti. Ma intanto si comincia a riflettere su quale sarà il destino del monumento sotto le cui macerie, tre giorni fa, è morto, commuovendo la città, l’operaio specializzato di 66 anni Octav Stroici. Il rischio è che l’instabilità della facciata e della parte superiore della Torre possa costringere a una parziale demolizione del monumento.

 

“La torre – spiega Carandini – è fragile. Costruita sopra un monumento romano nel IX secolo e parzialmente ricostruita nel XII. In epoca medioevale le tecniche edili erano ridotte a zero, non erano neanche vagamente comparabili con quelle romane. Era un cemento debole, non quello solido che ha costruito la Roma antica”. E infatti, tra terremoti e cedimenti strutturali, non era la prima volta nella storia che la Torre veniva interessata da crolli. Carandini ricorda come “della muratura che si sgretola si parlava da sempre. E non a caso negli anni 30 fu realizzato un primo contrafforte. Probabilmente in tutti questi anni se ne sarebbero potuti realizzare altri”. La Torre andava salvata già prima? “Questa è la mia convinzione – risponde il professore – adesso bisogna fare di tutto per evitare qualunque tipo di abbattimento e ricostruire quello che è già crollato. Purtroppo invece di puntare a salvarla, la Sovrintendenza capitolina ha scelto la strada della valorizzazione. Su una struttura così fragile volevano realizzare un bar e un museo, così invece di valorizzarla l’hanno fatta crollare. La valorizzazione è importante, ma la tutela è un obbligo costituzionale”.

 

Il sindaco Roberto Gualtieri ha spiegato che avrebbe dovuto ospitare il museo della storia della Roma medioevale. “Raccontare la Roma medioevale – dice Carandini – si poteva fare altrove. Anche la storia della Torre poteva trovare spazio dentro un’altra struttura museale. Io da anni mi batto per la realizzazione di un museo di Roma, che sarebbe stato senza’altro una sede adeguata. Non tutti i monumenti sono adatti a diventare musei, alcuni vanno prima di tutto tutelati. Purtroppo il sindaco che aveva messo la realizzazione di un museo della città nel suo programma elettorale ha disatteso questa promessa”. Carandini è anche tra coloro che ritengono che la duplicazione delle sovrintendenze – una comunale e una ministeriale – sulla parte storica della città sia un danno per i beni culturali della capitale. “Tutta Italia – dice – è sotto la tutela del ministero dei Beni culturali, tranne a Roma, dove alcuni momumenti sono di competenza della Sovrintendenza comunale. Questo crea cesure irreparabili dentro il contesto della città antica. Penso al tempio di Venere e Roma, con una cella che è di competenza della Soprintendenza del Mic, mentre l’laltra è curata dalla Sovrintendenza capitolina. E’ un’organizzazione che esiste per ragioni storiche e che se fosse ben gestita e le istituzioni collaborassero si potrebbe pure dire ‘pazienza’, ma dato che le cose non vanno così e la Sovrintendenza comunale si è dimostrata incompetente, sarebbe giusto che il ministero si riprenda questi beni, amministrandoli o dandoli in gestione al parco del Colosseo. Tutto questo l’ho detto anche al ministro della Cultura Alessandro Giuli, vediamo se avrà il coraggio di farlo”.

Di più su questi argomenti: