Google creative commons
Roma Capoccia
Roma “rammenda” se stessa: arte, musica e cura per la città che risorge
La mostra a Palazzo delle Esposizioni, l'adattamento del 1981 del "Marco Spada" al Teatro dell'Opera e lo "Stabat Mater" nella basilica di santa Maria di Ara Coeli. Dopo decenni di consumo eccessivo e incuria, non solo materiale, la Capitale prova a rinascere tornando allo stato di purezza originario
Il verbo rammendare si addice a Roma, città di ogni rinascita, ed è interessante vedere come, nel giro di pochi giorni, questo termine che affonda le proprie radici nel difetto e nella sua correzione, nella restituzione allo stato di purezza originario, stia prendendo le forme più diverse ma, in fondo, più consone e adeguate a questo momento di crisi, che sembra sotteso all’opera di ri-parazione, di cura, di e-mendamento, su ogni fronte, da quello politico a quello commerciale e artistico, dopo decenni nei quali il consumo eccessivo, lo sfruttamento, l’incuria, non solo materiale, hanno dominato ogni aspetto della vita, in particolare in Occidente. Sono piccoli segnali, ma visti insieme e in prospettiva molto importanti e positivi.
A Palazzo delle Esposizioni apre la mostra che suggella l’ultimazione dei restauri sostenuti da Intesa Sanpaolo per lo storico progetto “Restituzioni”: si riportano agli onori del mondo opere conservate nei musei della penisola, molte anche tessili, come lo strepitoso tappeto da tavola “detto carpita alla moresca” eseguito a Bruxelles in tessitura in basso liccio alla metà del XVI secolo su disegno attribuito al Bronzino e conservato nella villa medicea di Poggio a Caiano, oppure due abiti della metà degli Anni Venti, uno della sartoria di Giuseppe Paradisi, di proprietà del Museo Boncompagni Ludovisi, parte della galassia Gnam di cui nessuno si è mai occupato come meriterebbe perché gli storici dell’arte tendono a considerare le arti applicate una diminutio.
Ma è forse l’Opera di Roma che, più di ogni altra istituzione, in questo momento sta dando prova di questa capacità di cura materiale ed etica: qualche giorno fa, per esempio, ha riportato in scena non solo l’allestimento 1981 del “Marco Spada”, il balletto ottocentesco del duo Auber-Scribe sul celebre brigante romano (nel settore, Spada dev’essere un cognome rilevante da secoli) con la coreografia di Pierre Lacotte, ma anche il costume del suo interprete, Rudolf Nureyev, che miracolosamente andava a pennello all’étoile Alessio Rezza ed è stato restaurato (solo la camicia è stata rifatta dalla sartoria del teatro e la sua ineffabile direttrice Anna Biagiotti). Ma solo martedì sera, questa visione si è dispiegata in tutta la sua forza nella basilica di santa Maria di Ara Coeli attraverso la più potente rappresentazione musicale e fisica dello “Stabat Mater” al quale ci sia stato dato modo di assistere.
Cantato, recitato, coreografato, vestito. Forse erano queste, le sacre rappresentazioni medievali alle quali non abbiamo ovviamente potuto assistere, ma che il regista Romeo Castellucci ha messo in scena fino alla fine di questa settimana con l’introduzione e la chiusura dei “Quattro testi per orchestra” e le “Three latin prayers” di Giacinto Scelsi, del 1959 e del 1970. Dirige Michele Mariotti, non scriviamo “da par suo” perché il racconto musicale che ha impresso all’oratorio che Pergolesi compose a ventisei anni, morente, con quei colpi d’arco robusti e privi di vibrato, le note che si alzano come lamenti, sono state per sua dichiarazione “un percorso liturgico collettivo”, suggellato appunto dall’”Ave, il “Pater noster” e l’”Alleluja” che troppi recitano come prefiche sfaccendate, senza comprenderne la valenza trascendente originaria.
“La musica è la notte dell’uomo: trafigge, come le spade nel corpo di Maria citate nel testo di Jacopone da Todi”, dice Castellucci, che però ha voluto accompagnare i “Quattro pezzi” con l’immagine dei soldati delle guerre di oggi e, nel programma, con l’immagine della chiesa della Sacra Famiglia distrutta a Gaza lo scorso luglio. Come rammendarsi l’anima in cima al Campidoglio, in una sera d’ottobre. I biglietti per la rappresentazione di stasera e di domani sono gratuiti ma procurarsene uno è ormai impresa impossibile.