Foto dal profilo Facebook di Tobia Zevi, assessore al Patrimonio di Roma

Roma Capoccia

Tutti contro lo slogan di Netflix, nessuno contro le condizioni di Ostia

Andrea Venanzoni

È peggio la pubblicità di Suburra o il fatto che il X Municipio versi in condizioni pessime con tanto di rilievi fotografici e narrazioni puntuali che emergono nei vari gruppi social? È normale che si indigni ogni tanto, ma alla fine la Suburra si combatte con i fatti

“Perdi la fermata, finisci a Ostia, ti senti scossa, agitata. Ed è subito Suburra”. E’ con questo slogan, un po' Quasimodo andato a ripetizioni dal Monnezza e dai Prozac +, accompagnato dalla foto dei protagonisti della serie Suburra, che Netflix ha pensato bene di ornare le stazioni metro di Roma. Una campagna massiccia e vistosa, e che ha fatto effetto. Apriti cielo, comprensibilmente. D’altronde, oltre che ingeneroso, lo slogan è anche impreciso; magari infatti fosse possibile sbagliare stazione e ritrovarsi a Ostia, significherebbe che il mare di Roma è collegato direttamente alla città, senza la transumanza in acciaio e guasti chiamata Metromare, già Roma Lido.

 

Impreciso, a voler essere pignoli, pure perché Suburra, nel suo senso tanto storico-etimologico quanto criminologico, lo sono pure gli ecosistemi umbratili di tante altre stazioni di Roma, quelle terminali ai lati della Metro A o della Metro B per esempio, dove se scendi dopo una certa ora sembra di stare in un remake di “1997: fuga da New York”. La politica, naturalmente, si è indignata. Il Presidente del X Municipio, Mario Falconi, ha parlato di una campagna offensiva e denigratoria per il territorio lidense, paventando anche la possibilità di intraprendere iniziative giudiziarie a tutela del territorio. Per l’assessore capitolino al turismo, Alessandro Onorato, che a Ostia è nato e cresciuto, la campagna è inaccettabile e ha avviato, in accordo con il sindaco Roberto Gualtieri il quale per parte sua ha preso decisa posizione contro quel genere di messaggio, una richiesta per la rimozione delle affissioni. Netflix è stata celere nell’accogliere e far rimuovere le pubblicità. Una tempestività apprezzata anche dall’assessore al patrimonio Tobia Zevi, il quale ha rilanciato chiedendo a Netflix di raccontare l’altra Ostia, quella civile, quella produttiva. La campagna pubblicitaria ha indignato anche le opposizioni, tanto quella capitolina quanto quella municipale.

 

La consigliera capitolina Mariacristina Masi, di FdI, ha registrato un video nel quale ha ricordato come da mesi si siano proposte iniziative per rilanciare il territorio e far uscire Ostia da questa spirale di raffigurazione anomica e criminale. Il consigliere municipale Andrea Bozzi, di Azione, che è anche giornalista, ha colto l’occasione della trasmissione da lui condotta su RadioRoma TV, “Roma di sera”, per lanciare un durissimo j’accuse a Netflix. L’avvenuta rimozione sembrerebbe aver quindi tagliato la testa al toro; emergenza rientrata, onore salvo. Tutto è bene quel che finisce bene? In realtà, diciamocelo, tanto siamo tra amici; la vera questione non è la pubblicità irridente, il fatto che ormai il mare di Roma abbia la lettera scarlatta dell’ignominia tatuata sulle vive carni da anni, quanto cosa si faccia, concretamente, per lavare via un’onta che ha stratificato geologicamente tra loro libri, film, serie TV, retorica politica e istituzionale.

 

Detto brutalmente; è peggio la pubblicità di Netflix o il fatto che il municipio X sia stato commissariato per mafia ricorrendo a una supercazzola, musica e testo di Franco Gabrielli, già prefetto di Roma, già Capo della polizia? E’ normale, è davvero normale, che ci si indigni tanto, si prendano carta e penna in metafora, si chieda la rimozione, si parli di valutazione per azioni legali per una pubblicità e poi invece si sia mirabilmente glissato nel corso degli anni, non da tutti ma da molti, sull’aver proposto il territorio del X Municipio quale offerta sacrificale nel 2015, per evitare che finisse commissariata, come invece chiedevano le risultanze istruttorie, tutta Roma?

 

E ancora: è peggio la pubblicità di Netflix o il fatto che il X Municipio versi in condizioni pessime, testimoniate per tabulas, con tanto di rilievi fotografici e narrazioni puntuali che emergono nei vari gruppi social dove i cittadini non fanno altro che, disillusi, stanchi, arrabbiati, parlare della inesorabile decadenza del territorio in cui vivono? Tra mare, pineta, monumentali scavi archeologici di Ostia Antica, il X Municipio potrebbe essere un piccolo gioiello, se solo fosse valorizzato attraverso un reale decentramento amministrativo, investimenti mirati e fosse collegato al resto di Roma in modo anche solo vagamente decente. La Suburra si combatte così, coi fatti, non con l’indignazione.

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