Roma Capoccia

Ecco perché in Campidoglio non temono una lista anti Gualtieri con Raggi e Marino

Gianluca De Rosa

La fiducia in Conte e SInistra italiana, il timore dei Verdi e la certezza che anche senza ballottaggio il sindaco uscirebbe vincente. Il piano per il bis

 “Marino e Raggi? Ma dove volete che vadano”. In Campidoglio liquidano l’ipotesi di una coalizione di sinistra alternativa al sindaco Gualtieri, con come volti i due ex primi cittadini e come obiettivo lo stop al progetto del termovalorizzatore come una boutade. Una cosa alla quale non credono neppure quelli che la teorizzano, a partire proprio da Marino che alcune settimane fa, durante un evento a Roma, ha detto: “Serve costruire un’alternativa alla sinistra di Gualtieri”.


Il piano per il bis del sindaco dem è già pronto. E a Palazzo Senatorio sono fermamente convinti che nulla potrà ostacolarlo. Né i suoi predecessori, e neppure una riforma della legge elettorale che, come vorrebbe il centrodestra, cancelli il ballottaggio. Il ragionamento che si fa fra i corridoi del Campidoglio si muove su due binari. Il primo è questo: “Anche se volessero fare questa operazione i partiti non sono con loro. Con Sinistra italiana il sindaco Gualtieri ha un rapporto eccellente dai tempi dell’Istituto Gramsci. E nei 5 stelle il capo è ormai Giuseppe Conte, di cui il sindaco è stato ministro dell’Economia e che ormai persegue con il Pd un progetto unitario”. Restano i Verdi, guidati da Marino e dal deputato Filiberto Zaratti, e i 5 stelle più intransigenti come Virginia Raggi e l’eurodeputato Dario Tamburrano. Sull’ex sindaca però la convinzione è che alla fine prenderà un’altra strada. Il cambio di regole sui due mandati all’interno del Movimento apre la strada a una sua candidatura. C’è però anche la possibilità di uno strappo, ma stiamo nel campo della fantapolitica. Se cambiasse la legge elettorale nazionale, infatti, con una soglia di sbarramento bassa (al 3 per cento) Raggi potrebbe davvero rompere con Conte e presentare una lista di ex 5 stelle delusi insieme ad Alessandro Di Battista che consentirebbe, almeno a loro due, di entrare alle Camere. Anche sul partito di Bonelli la convinzione è che più che la ricerca di una vera rottura ci sia la volontà di intavolare una trattativa. Il leader di Avs, già con le elezioni in Calabria, ha cominciato a rivendicare per il partito la scelta di un candidato governatore in una regione importante. Potrebbe essere proprio il Lazio. Sia Bonelli, sia Zaratti d’altronde hanno già ricoperto il ruolo di assessore all’Ambiente proprio in regione Lazio.


La seconda piega del ragionamento che si fa a Palazzo Senatorio riguarda la concretezza del voto. “Con l’attuale legge elettorale – si spiffera – contro Gualtieri al ballottaggio non passerebbe nessuno”. Ma se fosse cancellato e ci fosse il turno unico? “Una lista di Marino e Raggi oggi prenderebbe il 7 per cento, ma così perderebbe almeno altri tre punti percentuali ”. Insomma, l’appello al voto utile, senza ballottaggio, avrebbe un effetto sufficiente a disinnescare l’operazione anti Gualtieri. “Anche perché – si dice in Campidoglio – sarebbe ancora più palese quanto una scelta del genere contro Gualtieri sarebbe un favore alla destra”.

Ad aiutare c’è anche il calendario. Questo a Palazzo Senatorio non lo dice esplicitamente nessuno, ma è chiaro che anche lì se ne siano accorti. Alle attuali regole a Roma (come a Milano, Torino, Bologna e Napoli) si voterà nella primavera del 2027, qualche mese dopo le politiche, rendendo anche un’eventuale spaccatura del campo largo meno problematica. E’ l’effetto combinato della proroga Covid che fu fatta nel 2021 – e che spostò il voto da giugno all’autunno – e della legge che stabilisce che nei comuni si possa votare solo nella finestra di tempo che va da aprile a giugno. Anche quest’anno, infatti, diversi comuni che avevano votato nell’autunno del 2020 invece di votare adesso lo faranno nella primavera del 2026. Allungando di fatto il mandato dei sindaci in carica. Certo nessuno può impedire alla maggioranza di fare una legge per anticipare il voto all’autunno 2026 o di aggregarlo a quello politico. Ma davvero far votare città che oggi sono tutte a sinistra a pochi mesi dal voto politico o, addirittura, contemporaneamente converrebbe all’attuale maggioranza di governo? 

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