
Roma Capoccia
La disfida di Pietralata: è un bosco o uno stadio?
Di Battista, le perizie degli agronomi e altre assurdità: il grottesco braccio di ferro sull’impianto giallorosso tra Campidoglio e comitati
Ma voi lo sapevate che a Pietralata, a un passo dalla stazione Tiburtina, c’è un bosco? Davanti all’ingresso di via degli Aromi, tutta bianca sugli spartitraffico di cemento armato, campeggia in stampatello la scritta “W LO STADIO DELLA ROMA”. Poco più sopra, affisso alle reti di ferro arrugginito che dividono la piccola stradina da uno dei terreni dove dovrebbe sorgere il nuovo impianto, c’è un manifesto rettangolare dove si legge: “Corteo verso il Campidoglio. Nessuna indulgenza per il modello Giubileo”. Sotto sono disegnati i nemici di chi organizza la manifestazione: il termovalorizzatore, le navi da crociera e, appunto, lo stadio. “Pare che non lo fanno più”, dice sconsolato Francesco, 71 anni pensionato con il cuore giallorosso che vive da queste parti da tutta la vita. Il quartiere non lo vuole? “Ma che quartiere, so’ quattro scemi che si sono messi in testa che c’è un bosco”.
La battaglia sulla futura arena giallorossa ha, ormai da qualche tempo, un nuovo improbabile protagonista: il bosco di Pietralata. Ebbene sì, i comitati – che si sono federati anche con quelli che in un altro angolo di Roma combattono contro il termovalorizzatore sotto la sigla Riot, realtà indisponibili organizzate sui territori – sono convinti che su un ettaro e mezzo, dei 16 totali sopra i quali dovrebbe sorgere la futura arena giallorossa, si trova in realtà un bosco. Sono animati dagli ex abusivi sgomberati dai terreni di Pietralata, dai proprietari di casa e di attività che verranno espropriati per costruire lo stadio, ma anche dagli esponenti dell’Arci e diversi partiti di sinistra, da Rifondazione fino ad Avs e M5s. Lunedì, quando sono arrivati i camion per iniziare i sondaggi archeologici sui terreni, si sono sdraiati per terra, costringendo alla fine l’As Roma a rinunciare all’attività. Poi, due giorni fa, in Campidoglio si sono inventati una furbata. Non si sa chi abbia avuto il colpo di genio – se sia stato o il più grande nemico dei comitati, l’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia, o il capo dello staff del sindaco, lo scaltro Albino Ruberti – fatto sta che martedì in mattinata i comitati sono stati convocati a Palazzo Senatorio. Proprio in quel momento, scortati da due mezzi delle forze dell’ordine, i camion sono tornati a Pietralata e hanno iniziato i sondaggi, mandando su tutte le furie i comitati: “Ci hanno ingannato”. Ironizza una nota voce delle radio romane: “Si sono fatti ‘uccellare’, sono diventati loro i faggiani del bosco di Pietralata”. Ma la battaglia prosegue. I comitati hanno protestato ieri sotto il dipartimento Ambiente a Porta Metronia, proseguiranno oggi sotto l’assessorato all’Urbanistica e concluderanno sabato con il corteo in Campidoglio.
E’ un braccio di ferro che va avanti da tempo. I Riot hanno presentato un esposto in procura: l’iter amministrativo dello stadio avrebbe ignorato la presenza del bosco. Hanno assoldato persino il presidente degli agronomi del Lazio, Corrado Falcetta, per redigere un dossier di venti pagine che certificasse che invece il bosco c’è eccome. Chiedono che non sia abbattuto neppure un albero e confidano su un fatto: con l’indagine per falso in atto pubblico, aperta d’ufficio dalla procura di Roma dopo l’esposto, la direttrice della gestione del Verde, Marina Mantella, già indagata per omicidio colposo dopo il crollo di un olmo che uccise un’anziana nel 2023, non se la sentirà di firmare alcun abbattimento. Il massimo della surrealtà però la vicenda lo ha assunto quando in questa storia è entrato il populista situazionista più geniale del nostro paese, l’ex grillino Alessandro Di Battista. Ha inventato un nuovo genere di ambientalismo: l’ambientalismo creativo. Se il bosco non c’è, ce lo portiamo noi. In pratica, gli esponenti della sua associazione, “Schierarsi”, subito ribattezzati dalla stampa “Di Battista boys”, hanno deciso a febbraio di piantare direttamente loro gli alberi che non c’erano. Peccato però che l’innesto non sia andato a buon fine e, poco dopo, i piccoli alberelli sono morti.
Ma un bosco a Pietralata c’è davvero? Per scoprirlo a questa vicenda si aggiungerà un’ulteriore pennellata di grottesco. Infatti se i comitati si sono scelti come perito il presidente degli agronomi laziali, la procura, per la sua indagine, si appresta ad affidare il dossier al presidente degli agronomi di Roma, mentre il comune dovrebbe arruolare il presidente nazionale degli agronomi. Insomma, la sfida sul bosco sarà combattuta dai vertici locali e nazionali dello stesso ordine professionale. In attesa di un verdetto, Claudio Rosi, urbanista e dirigente capitolino dal ’83 al 2009, protagonista negli anni delle giunte Rutelli e Veltroni, grande esperto del piano regolatore della città, al Foglio dice: “Partiamo dal fatto che il bosco non esiste. C’è una normativa che stabilisce che quando la vegetazione spontanea supera i 60 centimetri quelle aree possono essere considerate ‘boscate’, ma sono gli enti locali a dover stabilire se quella vegetazione spontanea che è sorta può essere realmente classificata come bosco. Io se ci fosse un bosco ne sarei ben felice, ma solo un pazzo può dire che quello che c’è a Pietralata è un bosco. E’ un pretesto di chi vuole impedire la realizzazione dello stadio”.
E d’altronde che più che un’area verde la radura di Pietralata rappresenti un vuoto urbano in attesa di ricucitura lo si capisce dalla sua storia. “Da piano regolatore del ’65 – racconta Rosi – doveva far parte del Sistema direzionale orientale, dove sarebbero dovuti essere trasferiti ministeri e uffici. Noi – ricorda ancora l’ex dirigente – ridimensionammo quel progetto nella parte di Centocelle, istituendo, su 80 ettari, il parco di Centocelle, cancellando decine di migliaia di cubature previste, compresa la grande viabilità che avrebbe dovuto sostenere quel sistema. La quota residua dello Sdo, quella di Pietralata, per un ragionamento legato alle grandi infrastrutture di mobilità presenti – dalla stazione Tiburtina, alla metro, dalla tangenziale, all’A24, unica autostrada che entra nella città – è rimasta. E ora finalmente con lo studentato della Sapienza da 240 posti quasi terminato, lo stadio e il centro direzionale delle Ferrovie che forse sorgerà lì, potrebbe finalmente trovare la sua vocazione. Anche la tessitura del verde – prosegue Rosi – potrà essere fatta in modo armonico e accessibile accanto allo stadio. E’ una soluzione ragionevole e dignitosa, che rispetta il piano regolatore vigente. Noi fummo rigorosi, ma non matti. Ambientalisti ma, non ‘annientalisti’, spero che il Campidoglio prosegua su questa strada”.