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Roma capoccia

La permalosità dei romani alla prova di Giuseppe Cruciani

Andrea Venanzoni

A Roma non si accetta chi parla di una città abbandonata, sporca, immersa in una coltre di indifferenza istituzionale e di letargia degli stessi romani. Perché ci si indigna così tanto con certe dichiarazioni e ci si indigna meno per le condizioni in cui versa la Capitale?

Imbattendosi in un podcast rimandato da YouTube, dal significativo titolo “De Core”, capita una puntata recente contenente una intervista con Giuseppe Cruciani, il popolarissimo conduttore, assieme a David Parenzo, di quel fortunatissimo e frankensteiniano esperimento antropologico via radio che risponde al nome di “La Zanzara”. In questa intervista, peraltro una delle poche in cui vi sia modo, onore ai due intervistatori, di sentir porre a Cruciani domande diverse rispetto il solito standard generalmente circumnavigante l’universo del sesso nelle sue articolazioni e sfumature, c’è un momento, ampio, in cui si parla di Roma. Inevitabile; il titolo del podcast, la provenienza dei due ragazzi, Alessandro Pieravanti e Danilo da Fiumicino, che intervistano, e quella dello stesso Cruciani lo rendevano quasi scontato.

D’altronde Cruciani è, nell’immaginario collettivo, expat, risiede a Milano, da dove in prevalenza conduce la trasmissione radio, salvo di tanto in tanto scendere negli studi di Radio24 nella Capitale. E’ quindi nelle condizioni di confrontare Roma con un’altra città. Anzi, con la città per eccellenza, l’eterna rivale, la Capitale morale contro la Capitale istituzionale. Se uno va a leggere i titoli post intervista, si imbatterà in una cospicua mostra delle atrocità e penserà che il conduttore si sia lasciato andare a una dichiarazione di guerra e di odio nei confronti della città che un tempo fu eterna.

“Cruciani offende Roma”, replicato su ben due quotidiani, uno cartaceo e uno digitale. “Si scatena la rissa”, titola un altro. “Cruciani attacca i romani”, spiega un sito online di informazione. Perché contro Cruciani si scatena la levata di scudi, a partire dal comico Maurizio Battista che si lascia andare a una professione di fede, difensiva, nei confronti di Roma. “Tu sei scappato e io sono rimasto a difenderla da quelli come te”, proclama con piglio gladiatorio.

Verrebbe quasi da riesumare un simpatico meme con Renato Pozzetto alle prese con una assertiva esclamazione riguardante la Vergine Maria. A fronte di tanta indignata furia mediatico-popolare, ci si chiede: ma cosa avrà mai detto di tanto offensivo Cruciani? In realtà, non ha detto nulla di offensivo. Nulla. E’ forse falso che questa città sia sprofondata in un livello di angoscioso degrado e di caos mai sperimentati prima? In una confusione di mezzi pubblici inservibili e di endemiche terze file che come barricate spezzano qualunque tentativo di circolazione? Una città abbandonata, sporca, immersa in una coltre di indifferenza istituzionale e di letargia degli stessi romani. Non sopportarla, non sopportare le condizioni in cui siamo costretti a vivere, dovrebbe essere fisiologico e naturale per chiunque abbia un minimo di decoro personale e di dignità.

D’altronde, perché, perché ci si indigna così tanto con certe dichiarazioni e ci si indigna meno per le condizioni, oggettivamente da terzo mondo, nessuno si offenda, soprattutto il terzo mondo, in cui tutti quanti noi romani siamo chiamati a lavorare, spostarci o tentare di spostarci? Se Battista vuole difendere Roma, benissimo. Ne ha forza e statura.  Ma non la deve difendere da Giuseppe Cruciani. Bensì dovrebbe impegnarsi a sollevare un po’ le coscienze di chi la amministra e di chi, più in basso, lascia la propria auto in seconda fila, se va bene, perché “tanto a capo, ce metto un minuto, arivo subito”, bloccando tram e bus. O quelli che buttano monopattini e bici elettriche nel Tevere.  O tutti quelli che continuano a prendere la metro con lo stesso biglietto che usarono per la prima volta nella primavera del 1991. 

O quelli che si accampano per piazze e scalinate trasformando in una favela brasiliana quartieri un tempo bellissimi.

A ben vedere, le dichiarazioni di Cruciani, anche quelle sui gruppi di romani che messi assieme diventano eccessivamente vocianti e chiassosi, rappresentano un eccellente test di Rorschach per valutare il grado di permalosità di noi romani.

Ciascuno in quelle parole può vedere e leggere il suo grado di permalosità, a seconda di quanto si sia ritenuto mortalmente offeso.

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