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Oltre i taxi: ecco la “terza classe” di chi viaggia su bus e metropolitana a Roma

Marianna Rizzini

C’è una maggioritaria parte degli abitanti della Capitale che tutti i giorni sopporta e soffre, nell’ordine: file, caldo, fermate senza riparo, affollamento all’inverosimile e attese infinite. Un'emergenza democratica

Un bus che corre tra strade e incroci, il conducente che chiude gli occhi, la testa dello stesso che ciondola, i passeggeri che, rendendosene conto, prima si allarmano poi si agitano poi scendono sconsolati alla fermata successiva. Succede a Roma, ed è una vicenda-simbolo di quello che va in scena ogni giorno nella Capitale, anche se la narrazione mediatica rileva, in tema di trasporti, quasi soltanto il pur grave problema dei taxi. Ma se le file per i taxi colpiscono l’occhio di chi in taxi ci va – percentuale minoritaria della popolazione romana, anche se fetta consistente della popolazione turistica – la situazione di chi al taxi non pensa proprio (per una questione di costi) si rivela allucinante agli occhi di chi la vive giorno per giorno, magari non visto dai media. E il panorama, per la maggioranza di cittadini che la mattina e la sera devono cimentarsi con un percorso di guerra (autobus strapieni e non sempre con aria condizionata funzionante, metropolitana che chiude troppo presto, linee servite a intermittenza o sguarnite), è un panorama spesso usato come alibi dai tassisti (“non possiamo supplire noi”, è il ritornello) che dice poco sulla questione taxi in sé, ma che dice molto su quella che appare prima di tutto come un’emergenza democratica. C’è infatti una maggioritaria parte degli abitanti della Capitale che tutti i giorni sopporta e soffre, nell’ordine: file, caldo, fermate senza riparo, affollamento all’inverosimile degli unici bus che passano dopo quindici, venti, trenta, quaranta minuti. E non è l’eccezione. E ancora: discese agli inferi per una metropolitana che, se va bene, vomita dai suoi vagoni orde esasperate a ridosso dell’orario di chiusura anticipata (come si diceva, dopo il tramonto se sei utente di metropolitana devi trovarti un mezzo alternativo per rifare in senso opposto il percorso fatto la mattina, anche se nominalmente esiste il bus sostitutivo, di solito più affollato del vagone). E anche quando il mezzo c’è, non si è certi della durata del viaggio. E’ una sorta di terza classe del Titanic: chi ha i mezzi può almeno tentare l’odissea con i taxi, gli altri restano a marcire sulle banchine. Chi conosce Roma, e non da oggi, ricorda il referendum sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico, visto il problema che il Comune, da anni, deve affrontare riguardo ad Atac, azienda-carrozzone che sembra inghiottire anche la mano offerta in soccorso. Un’occasione persa, quel referendum. Chissà se si riuscirà a non perderne altre. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.