Roma Capoccia

“Il grande dittatore” di Charlie Chaplin apre il Festival di Caracalla

Mario Leone

Domani la proiezione del film, con le musiche originali per la prima volta eseguite dal vivo. All’apertura di questa stagione estiva del Teatro dell’Opera, il sonoro farà da “contrappunto” alle vicende e all’ironia geniale con cui vengono narrate

“The Great Dictator” è la pellicola che apre il Caracalla Festival 2023, stagione estiva del Teatro dell’Opera. Per la prima volta un film di Charlie Chaplin sarà proiettato con le musiche eseguite dal vivo. Anima di questa operazione è il direttore Timothy Brock che da anni cerca, recupera e valorizza le partiture che Chaplin ha scritto per i suoi film. L’appuntamento è dunque per domani alle 21.30 con il più importante dei lavori di Chaplin, sicuramente il più attuale. Lo ricorda lo stesso Brock: “Nel mondo ci sono ancora tanti Hynkel (il dittatore nel film, ndr) e la guerra è una terribile realtà”. Il film racconta di un piccolo barbiere ebreo che ritorna nella sua bottega, nel ghetto di una città immaginaria (Berlino), dopo aver perso la memoria durante la guerra mondiale. Gli ebrei sono perseguitati da Hynkel, il sovrano megalomane che “casualmente” somiglia al barbiere. Questi tenta invano di resistere alle continue vessazioni ma è costretto a fuggire in un paese vicino. Qui è scambiato per Hynkel e invitato a fare un discorso pubblico dove, invece di esaltare la vittoria del male e del sopruso, auspica un mondo più giusto, fondato sull’amore fraterno e la ragione.

 

È il 15 ottobre 1940. Sono passati solo tredici mesi dall’invasione della Polonia da parte di Hitler e dallo scoppio del Secondo conflitto mondiale. I produttori ebrei di Hollywood cercano di convincere Chaplin a non pubblicare il film e ci vuole un intervento di Franklin Roosevelt per non farlo desistere. Chaplin lo presenta a New York in un’America non ancora in guerra. La pellicola indaga le oscure forze del potere, i suoi aspetti truci ma anche goffi. All’inizio il successo non è unanime: l’America Latina vieta il film per non incrinare i rapporti con Hitler; anche l’Europa occupata blocca l’uscita; la Gran Bretagna tergiversa, nel tentativo di recuperare le relazioni con la Germania.

 

Del film, Chaplin firma il soggetto e la regia, scrive le musiche e interpreta i due protagonisti. Questo “sguardo totalizzante” sull’opera gli permette di ideare una colonna sonora perfetta per lo svolgersi della trama, il tratteggiare i personaggi, l’enfatizzazione del messaggio, quello di un mondo che ha dimenticato che siamo tutti esseri umani. Chaplin è figlio di due cantanti e impara a suonare il violino e il pianoforte a orecchio. Non sapendo scrivere la musica, si fa aiutare da David Raksin che trascrive sul pentagramma le melodie che Chaplin canticchia. Il regista ha chiaro che la musica deve fare da “contrappunto” alle vicende e all’ironia con cui sono narrate. Nel “Grande dittatore” utilizza anche musiche note come il Lohengrin di Wagner, compositore tanto caro a Hitler e ai nazisti che il regista cerca di recuperare ripulendolo dall’ideologia ariana.

 

Qualche anno dopo la proiezione, quando le oscenità naziste sono note a tutto il mondo, il regista dichiara: “Se avessi saputo com’era spaventosa la realtà dei campi di concentramento non avrei potuto fare ‘Il grande dittatore’; non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti”. Eppure l’utilizzo dell’ironia è il vero aspetto geniale. Chaplin combatte la malvagità con l’umorismo, non alleggerendo la gravità di quanto accade nel mondo ma esprimendo il giudizio su uno dei passaggi più aberranti della storia dell’umanità per poi offrire la sola possibilità di redenzione: guardare in alto verso la luce della speranza, verso il futuro.