"Abbiamo dimostrato di saper ristrutturare un monosala del centro storico e di avere le capacità per gestirlo", dice il presidente della Fondazione Piccolo America. L'edificio, ha deciso il Consiglio di Stato, non potrà più essere demolito e la proprietà dovrà farsi carico dei costi di restauro e conservazione dell’immobile, riconosciuto bene di interesse culturale
“Consiglio di Stato: il Cinema America è un bene culturale. Punto". L’annuncio su Facebook segue di un paio d’ore i comunicati ufficiali: ma Valerio Carocci, il “ragazzo” del Cinema America e presidente della Fondazione Piccolo America che, con gli altri esponenti dell’associazione omonima, da undici anni aspettava questo giorno (“ci sono pure andato ad abitare, in via Natale del Grande, sopra al Cinema America”, scherza Carocci, cui non andava più di “sentir parlare di degrado strumentalmente”), non ha fretta di definire le prossime mosse perché “la vittoria c’è stata”, dice, e può essere dichiarata: si è concluso infatti il contenzioso sulla sala cinematografica di Trastevere, occupata nel 2012 da Carocci e dagli altri per impedirne la riconversione in parcheggi e appartamenti da parte della proprietà Progetto Uno Srl. La sesta sezione del Consiglio di Stato ha infatti respinto definitivamente il ricorso presentato dalla proprietà definendolo “palesemente infondato”. L’immobile, dice la sentenza, è “una rara testimonianza della storia della cultura degli anni Cinquanta“, “un connubio tra architettura e arte” e “un unicum con gli apparati decorativi e gli arredi.” Non potrà più essere demolito e riconvertito e la proprietà dovrà farsi carico dei costi di restauro e conservazione dell’immobile, riconosciuto bene di interesse culturale.
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