Foto di Alessandro Di Marco, via Ansa 

Roma Capoccia

Foto di Roma in interno, lo sguardo indagatore di Listri in un libro

Andrea Venanzoni

Una capitale sfaccettata, attraverso gli occhi del fotografo. Classica, delle isituzioni e del potere, dei volti delle statue, sacra. Ma mancano esseri umani, incarnati da chi osserva 

Quante volte, nella fretta urbana e contingente della nostra vita, nello scorrere accelerato di smog, traffico, luci neon e giornate tutte uguali, ci siamo davvero soffermati a riflettere sui tesori nascosti nel ventre marmoreo e luminescente di Roma? 
Transitando frettolosi davanti monumenti, rovine, chiese, palazzi storici, finiamo per amalgamarli in un gorgo di plastica routine e non li vediamo davvero, in una eterna dissolvenza che ci priva del godimento della autentica bellezza.

 

Massimo Listri, fotografo maestro degli interni, indagatore del “dentro”, sguardo acuto e raffinatissimo tendente alla raffigurazione di una bellezza sontuosa e al tempo stesso eterea, ci concede la possibilità di sondare quell’abisso serpentino di affreschi, statue, prospettive, colonne, marmi, che costituiscono tra loro cospiranti la sostanza di una Roma che poco vediamo e poco apprezziamo.
Il volume, “Dentro Roma”, edito da Treccani in lussuosissima edizione rilegata in pelle, curato da Renata Cristina Mazzantini per l’assai esplicitamente programmatica collana “Grandi Città, Grandi Fotografi”, dipana in quattrocentoquaranta pagine e in trecento splendide foto una Roma intima, obliqua, disincantata nella sua solitudine esteticamente abbacinante.
Un viaggio scandito da sei macro-temi, Segni del classico, Palazzi del Potere, Spazi Sacri, Scrigni di Cultura, Paesaggi immaginati, Volti di Roma, ciascuno raffigurante spazi, luoghi, interni, mobilio, statue, giochi di prospettiva, disegni e incastri architettonici.
Un giardino di bellezza nascosta e socchiusa, i cui fiori guardinghi vengono illuminati dalla tecnica del grande fotografo. 

 

C’è la Roma classica, che dovrebbe esserci ben nota e di cui però, nella nostra fretta, nel nostro tedio di abitudine cittadina, scorgiamo davvero poco.
C’è la Roma delle istituzioni e del potere, da cui ci teniamo lontani per fastidio, per cautela e forse per paura e che invece dovrebbe essere ammirata nel suo sontuoso ritualismo artistico, nella gravità delle sale e degli interni, negli arazzi e negli affreschi che cingono morbidamente le decisioni politiche, giudiziarie, strategiche.
C’è la Roma dei volti delle statue e di venti secoli di storia che come rileva la curatrice non sono assemblati secondo un paradigma cronologico, ma seguendo al contrario la voracità indagatrice di una estetica trasformata in schema di analisi.
C’è la Roma sacra, quella delle volte inarcate e dei dipinti della Natività, dei crocifissi e degli altari votivi riccamente ornati, quella Roma silente, claustrale, crepuscolare su cui al tramonto si spandono i petali rossini del tramonto.

 

E se proprio come scriveva Buchner nel suo tragico e notturno Woyzeck, “ogni uomo è un abisso, a uno gira la testa se ci guarda dentro”, in queste foto, per la prospettiva, per la tecnica dello sguardo, per l’impatto emotivo e cristallino, c’è il senso di uno smarrimento estatico che mette alla prova i sensi e ci porta a scrutare i lineamenti immoti di quelle statue dallo sguardo cieco, quei soffitti, quei dipinti, quegli interni, penetrando piano piano, sinuosamente, nel cuore di una abisso di pura meraviglia.
L’assenza di esseri umani, sormontati dalla pastosa consistenza di paesaggi interiori, è un grandioso paradosso per un maestro della fotografia nato proprio con la ritrattistica: suoi furono, infatti, agli albori della carriera i ritratti fotografici in bianco e nero di Montale, Pasolini, Zeri. 

 

Eppure l’assenza di carne in ‘Dentro Roma’ è soltanto simbolo palese della nostra immersione nella coltre degli scatti, la carne è la nostra, diventiamo noi il centro da cui irradia, tramite il medium della macchina fotografica di Listri, l’osservazione.
Non una Roma inumana o a-umana, ma una Roma di cui finalmente torniamo padroni e di cui possiamo dimenticare e perdonare il caos, il traffico, la sporcizia, la disfunzionalità patente, per goderne la silente bellezza. 
Questa, sì, eterna.

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