roma capoccia

A sinistra come a destra (per non dire del M5s) si pensa con sgomento al dopo Zingaretti

Marianna Rizzini

Chi candidare alle Regionali nel 2023? L’assessore alla Sanità D’Amato o Leodori, vicepresidente e assessore al Bilancio? Enrico Gasbarra o Michela Di Biase? Il dilemma dovrà scioglierlo il segretario regionale pd. Non va meglio a destra

Manca un anno, ma è già un problema, da qualsiasi parte lo si guardi. Chi candidare alle Regionali nel 2023? Questo è il quesito che a sinistra, a destra e nel M5s ci si deve porre in vista della successione a Nicola Zingaretti. Ma la concordia non regna (da nessuna parte). Se si prende la cosa dal lato centrosinistra, si vede infatti sulla scena l’assessore alla Sanità locale Alessio D’Amato, l’uomo che ha gestito con successo la campagna vaccinale, diventando quasi un modello in altre regioni. D’Amato si è mostrato disponibile, giorni fa, quando ha detto che “se ci saranno primarie di coalizione” si candiderà, anche se la sfida sarà “impegnativa”, per “non disperdere l’esperienza del governo Zingaretti e di un riformismo elevato”.

  

Tutto bene, dunque? Non proprio: c’è infatti chi nel Pd pensa piuttosto a candidare Daniele Leodori, attuale vicepresidente della Regione e assessore al Bilancio, l’uomo che ha portato in maggioranza le consigliere a Cinque Stelle Roberta Lombardi e Valentina Corrado. E c’è invece vorrebbe Enrico Gasbarra o Michela Di Biase.

 

Il dilemma dovrà scioglierlo il segretario regionale pd Bruno Astorre, ben sapendo che la prima questione è il perimetro di alleanze: come fare, infatti, a mantenere quella con il M5s se il M5s non vede di buon occhio il termovalorizzatore annunciato dal sindaco Roberto Gualtieri? Per presentarsi con il Pd, infatti, la divergenza deve essere in qualche modo appianata.

 

Non va meglio a destra, dove si rischia di finire, come per la corsa a sindaco, prigionieri di un’infinita teoria di “tavoli” di coalizione che alla fine non decidono o decidono male. E se è vero che il centrodestra nel Lazio ha i numeri, è anche vero che i numeri poi bisogna farli pesare. Ma al momento pesano di più i rapporti tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini (che a livello nazionale hanno avuto non poche divergenze di vedute).

  

Quanto ai nomi, se Fratelli d’Italia riflette, e non da oggi, attorno a quelli di Fabio Rampelli e Francesco Lollobrigida, con Chiara Colosimo come outsider, la Lega, a parte l’eterno candidato Claudio Durigon, pensa anche a Barbara Saltamartini, con Giulia Bongiorno come possibile nome di peso. Ma c’è anche Forza Italia, con il nome forte di Maurizio Gasparri (e con il buon dialogo con il centrosinistra). Ce n’è abbastanza per perdere il sonno se non il senno, e dodici mesi sembrano pochi. 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.