Bonus psicologo? Sì, ma non ci sono gli psicologi

Zingaretti si vanta del provvedimento, nelle Asl romane però mancano i neuropsichiatri infantili. E il bonus non serve

"Sono mamma di tre ragazzi con disabilità neurologiche dovute a una rara malattia autoimmune. Da alcune settimane siamo stati completamente abbandonati dalla Asl e non sappiamo più come fare". Michela Cori, quarantaquattro anni, ex estetista e oggi mamma a tempo pieno per stare dietro ai suoi figli, è solo una dei tanti genitori di bambini e ragazzi con problemi psichiatrici o disabilità neurologiche che da alcune settimane si sono ritrovate senza alcuna assistenza.

 
Mentre il governatore Nicola Zingaretti lancia la lodevole iniziative del bonus psicologo, nell’Asl Roma 3 manca un servizio di assistenza essenziale per i disturbi neuropsichiatrici dei bambini. Si è creata, senza che nessuno se ne accorgesse, una grave carenza di neuropsichiatri infantili, psicologi dell’età evolutiva, logopedisti, e altre figure che si occupano della cura dei bambini con problemi psichiatrici e disabilità. Disturbi differenziati che spaziano dai più lievi, come la dislessia e il deficit dell’attenzione (Adhd), passando per il disturbo ossessivo compulsivo e quello oppositivo provocatorio, fino ai bambini affetti da autismo. Genitori e insegnanti hanno scritto una lettera indirizzata al presidente Zingaretti, all’assessore alla Sanità Alessio D’Amato e all’Asl Roma 3 per chiedere nuove assunzioni nel più breve tempo possibile. Secondo loro nella pianta organica della Asl mancherebbero oltre a 7 neuropsichiatri, 10 psicologi, 20 fisioterapisti e tecnici della neuro e psicomotricità, 20 logopedisti e almeno 5 assistenti sociali.

  
Questa mattina davanti alla sede dell’azienda sanitaria di Casal Bernocchi si terrà un flash-mob di protesta. Nelle stesse ore nel consiglio del municipio X sarà discussa una mozione sulla situazione presentata dai consiglieri del M5s (mozione gemelle saranno presentate anche in Assemblea capitolina e nei consigli degli altri municipi che appartengono al territorio di competenza della Asl).

  
Nel 1994 con una deliberazione la Regione Lazio furono istituti presso le Asl i Tmsree (arzigogolato acronimo che sta per Tutela salute mentale e riabilitazione dell’età evolutiva ). Equipe multidisciplinari, composte da neuropsichiatri, psicologi, tecnici della neuro psicomotricità, fisioterapisti, con lo scopo di trattare a 360 gradi i pazienti, secondo i principi della neuropsichiatra infantile del professore Giovanni Bollea che di questa branca della medicina fu il fondatore. Dal 2006 però sono cominciati i tagli e il mancato turn-over e i servizi sono andati in difficoltà con neuropsichiatri che si sono trovati ad avere fino a 1.500 pazienti.
Racconta un medico del servizio Tmsree che preferisce rimanere anonimo: “Grazie a Dio è arrivata l’informatica, grazie alle cartelle elettroniche in pochi minuti si poteva ricordare il quadro clinico e magari aggiustare le cure farmacologiche, ma con così tante persone si fa di fatto medicina di guerra: bisogna scegliere i più gravi e dare priorità a quelli”.

  
Negli ultimi mesi la Regione Lazio ha recepito un atto della conferenza stato-regioni del 2019 che indica le “Linee di indirizzo sui disturbi neuropsichiatrici e neuropsichici dell’infanzia e della adolescenza”. In ossequio a questo documento le Asl di Roma, ma anche quelle di Rieti e Viterbo hanno pubblicato concorsi e assunto neuropsichiatri e altre figure per rimpolpare le carenti piante organiche. Lo stesso non è accaduto nell’Asl di Roma 3, dove dalla metà degli anni 2000 sono andati in pensione 8 neuropsichiatri senza che fossero sostituiti, lasciando nei cinque distretti del territorio (che comprende tre municipi romani, X, XI e XII e il comune di Fiumicino) solo 7 medici. 

  
La situazione, raccontano i genitori, è gravissima. “Anche prima – racconta Michela – il servizio era sottodimensionato, ma almeno avevamo un neuropsichiatra di riferimento, adesso invece, da quando è andato in pensione il nostro siamo completamente abbandonati, l’Asl non ci ha fatto più sapere nulla e anche le terapie farmacologiche sono lasciate così”. 

 
Oltre a mamme e papà il problema riguarda gli insegnati di sostegno.  Spiega Bruna Pitrola, 40 anni, docente alla Marco Vulpio Traiano di Dragona. “La situazione è abbastanza tragica. Per noi insegnanti di sostegno il rapporto con le Asl è molto stretto: sono i neuropsichiatri che rilasciano il documento con cui ci affidano i ragazzi ed è a loro che facciamo le segnalazioni, sempre loro ci indicano i metodi didattici che dobbiamo seguire con ciascun bambino”. “Inoltre – spiega – quando c’è una diagnosi, tre volte l’anno si dovrebbe riunire il Glo (gruppo di lavoro operativo) con il neuropsichiatra le altre figure, noi docenti e i genitori, in quell’occasione si stila un piano personalizzato che andrebbe aggiornato, dato che parliamo di persone in età evolutiva. Già prima questo era difficile, ora sta diventando impossibile, io con i neuropsichiatri non riesco neanche più a parlare”. La direttrice dell’Asl Roma 3, Francesca Milito, è stata nominata lo scorso novembre e da subito ha dovuto affrontare la vicenda. Parlando con il Foglio non nasconde la sua preoccupazione: “Genitori e docenti hanno perfettamente ragione. Non so cosa sia successo prima del mio arrivo, quel che è certo è che necessario intervenire e farlo in fretta: due settimane, al massimo un mese”. In un primo momento il piano della Asl è di assumere a tempo determinato anche neuropsichiatri di aziende private convenzionate. “Poi – dice Milito – chiederemo di attingere dalle graduatorie di concorso delle altre Asl, in alternativa provvederemo con un nostro concorso”.

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