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Mistero a Roma. Che fine ha fatto la discarica in città?

Gianluca De Rosa

Sembrava la battaglia delle battaglie del Pd contro la Raggi, adesso con Gualtieri è tutto dimenticato

Mesi fa sembrava quasi una questione di vita o di morte. “Roma deve dotarsi al più presto di una discarica di servizio”. A colpi di ordinanze e delibere minacciose la Regione Lazio di Nicola Zingaretti voleva imporre al Campidoglio grillino l’individuazione di una nuova discarica all’interno dei confini comunali. In caso d’inerzia si minacciava il commissariamento del Campidoglio, evitato soltanto grazie a una sentenza del Tar.

 

 A Roma l’immondizia si accumulava, le elezioni si avvicinavano. Per Zingaretti e l’assessore Massimiliano Valeriani l’emergenza rifiuti aveva un unico colpevole: l’allora sindaca Virginia Raggi. Oggi, qualche mese più tardi, nonostante la promessa della nuova Gualtieri di un piano di pulizia straordinaria, i rifiuti sono ancora un’emergenza. Il problema è sempre lo stesso: mancano gli sbocchi, mancano le discariche. La Regione però ha dismesso i toni ultimativi. Con il Comune ed Ama si siede regolarmente intorno al tavolo alla ricerca di siti in mezza Italia dove portare la i rifiuti. La nuova discarica della Capitale, un tempo capro espiatorio di ogni disagio, è un problema passato inspiegabilmente in cavalleria. 

 

La Regione nelle ultime settimane ha invece riattivato un vecchio procedimento – in passato invocato anche da Raggi – per convertire un capiente invaso d’inerti (sabbie, ghiaie, etc) a Magliano romano, 1.500 anime a nord di Roma, fuori dai confini comunali, in una discarica per rifiuti urbani. L’Area ciclo integrato rifiuti della Regione poche settimane fa, nonostante i pareri contrari di comune, Parco di Veio e Asl Roma 4, ha dato il suo via libera alla conversione del sito. In quella zona però è scoppiata la rivolta. 

  

“Fino a che in Campidoglio c’era Raggi – dice al Foglio il sindaco di Magliano Francesco Mancini – si chiedeva il rispetto dell’Ato di Roma Capitale, con una discarica per il comune di Roma e una autonoma per i comuni della provincia, mentre adesso la Regione con un parere sgangherato, in barba a qualsiasi principio del diritto dell’ambiente, sostiene che per evitare le procedure di infrazione Ue su Roma, che ha saturato i suoi impianti e quelli del resto del Lazio, si può autorizzare una discarica anche qui, in un’area censita nella carta dei vincoli della Città metropolitana come ‘soggetta a fattori escludenti di tutela integrale’ e quindi inidonea a ospitare discariche per mille motivi: la presenza di una falda emersa nell’area, l’estrema vicinanza, a 500 metri, dai pozzi di captazione dell’acqua, la prossimità a aziende agricole, al centro abitato che è a 600 metri e scuole e impianti sportivi che sono a meno di 800 metri”. Mancini insieme ai 17 sindaci di paesi sparsi tra Cassia, Flaminia e Tiberina che supportano la sua battaglia questa mattina sarà in via Cristoforo Colombo sotto la presidenza della Regione Lazio per una protesta istituzionale. 

  

A impensierire il sindaco ci sono diverse cose, anche la proprietà dell’area. “Dietro Idea4 – dice – c’è il gruppo Acea sembra quasi un premio affinché la multiutility dia il soccorso necessario ad Ama”. Due settimane fa c’è stato in Campidoglio un primo incontro tra Ama ed Acea e quest’ultima ha dato la sua disponibilità a portare 120 tonnellate di rifiuti al giorno nel suo inceneritore in provincia di Frosinone, dando una grossa mano al comune che in quei giorni non trovava sbocchi per l’immondizia. “Da amministratore 30enne – continua ancora Mancini – mi indigna che il diritto dell’ambiente venga stuprato da esigenze politiche che servono a coprire anni di non scelte: i rifiuti sono un problema solo nel Lazio”. Del perché ha un’idea precisa. “C’è stata – sostiene – un’irresponsabilità politica gravissima: per cercare di non infastidire nessun potenziale elettore Regione e comune di Roma invece di scegliere loro le aree per i nuovi siti partendo da quelli meno soggetti a vincoli, hanno aspettato sempre che fossero i privati ad attivarsi, e spesso le aree di proprietà dei privati, come qui a Magliano, non sono idonee, sono le più vincolate, ma con la scusa dell’emergenza si cerca di forzare la mano. Questa inerzia oltre a ingigantire sempre di più il problema attiva un meccanismo perverso che alimenta la diffidenza dei cittadini nei confronti degli impianti che alla fine protesteranno anche quando si proverà a realizzarli in aree adatte”.
 

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