La capitale è senza basket. O almeno è senza basket in A1. Sembra incredibile. Eppure la Virtus solo sette anni fa sfiorò lo scudetto perdendo in finale con Siena (che però poi fu squalificata e il titolo non venne assegnato). Ma Claudio Toti – proprietario della squadra con il gruppo Lamaro dal 2001 – ha ritirato la squadra dalla prima categoria. Motivo: mancanza di soldi. “E’ un grande dolore, ma è difficile vivere in questo basket. Volevo trasferire la società in mani sicure, ma non ci sono riuscito”, ha detto il patron. Che a maggio dell’anno scorso aveva annunciato di voler vendere la squadra, iscritta poi al campionato in extremis, il 30 luglio. Nel frattempo si accavallavano le trattative per trovare acquirenti o almeno uno sponsor: una catena italiana di supermercati, una farmaceutica americana: nulla di fatto. A un certo punto è spuntata, come possibile sponsor, anche l’Acea, che poi si è tirata indietro. Risultato: la Virtus quest’anno era l’unica squadra di A1 senza sponsorship. Su nove partite, sette sconfitte, e giocatori in subbuglio per gli stipendi non pagati. La mazzata finale è stato il Covid: senza pubblico, zero incassi. Così è arrivata la scelta di mollare. Con accuse e messaggi non proprio in bottiglia agli altri attori in campo. Federbasket e Lega potevano fare di più? E il Coni di Giovanni Malagò, che della Virtus è stato anche presidente? E il Comune , che nel 2018 ha deciso di chiudere il palazzetto dello sport di Pier Luigi Nervi obbligando la squadra a traslocare nel costoso Palalottomatica (250 mila euro di affitto a stagione)? Insomma, le impronte digitali sulla catastrofe sono molteplici, anche se il protagonista principale resta lui: Toti. “Si è andati a passi spediti verso il disastro. Prima scegliendo di non giocare l’Euroleague. Poi l’auto-retrocessione in A2 nel 2015. La seconda categoria può andar bene per la provincia, ma non per Roma. Così la squadra non è più appetibile e i grandi sponsor fuggono. E’ stata una scelta suicida, e il ritorno in A1 non è servito: ormai i buoi erano scappati”, osserva Valerio Bianchini, storico allenatore dello scudetto del 1983 e della coppa campioni dell’84. Mitiche, negli anni d’oro del Bancoroma, le sue sfide con Dan Peterson, allenatore dell’Olimpia Milano. Ma poi anche quelle con Treviso, Bologna, Cantù, Varese. “Toti voleva vendere una squadra che non solo non ha un campo da gioco, ma nemmeno un posto dove allenarsi. E infatti la Virtus non aveva nemmeno un vivaio giovanile, tanto che i giocatori nati a Roma giocano in altre città. Poi bisogna anche dire che il calcio nella Capitale fagocita tutto e non dà niente agli altri sport. Bisognerebbe seguire l’esempio di altri Paesi, dove Real Madrid, Barcellona e Bayern sono polisportive…”, aggiunge Bianchini. E dire che qui di grandi giocatori e allenatori ne sono passati tanti. Larry Wright, Dino Raja, Carlton Myers, Dejan Bodiroga, tra i giocatori. Svetislav Pesic e Jasmin Repesa tra gli allenatori. Altissimo livello. “In questa squadra Toti ci ha buttato anima, sangue e 60 milioni di euro, ma senza vincere nulla, con due finali scudetto perse con Siena e una finale di Coppa Italia con Napoli. Trovare sponsor o acquirenti non era impossibile, ma alla fine scappavano tutti, anche per colpa del presidente”, sostiene Carlo Santi, firma del giornalista sportivo con un lungo passato al Messaggero. Qualcuno avanza il sospetto che Toti in realtà non volesse vendere, ma restare al timone. “Con Toti non è facile andare d’accordo, negli anni abbiamo visto fuggire allenatori, giocatori e dirigenti. Ma grosse responsabilità ce l’ha anche il Campidoglio, con la chiusura del palazzetto al Flaminio nel 2018”, dice ancora Santi. Tesi sostenuta anche da Toti, che però il Comune respinge. “E’ stata una scelta impopolare che rivendico: l’impianto era in pessime condizioni senza manutenzione dal 1989. Era pericoloso anche per il pubblico. Inoltre quella struttura è inadatta per l’A1: troppo piccola. Ora è stato fatto un bando per 3 milioni di euro che verrà assegnato entro gennaio, così potranno partire i lavori di ristrutturazione. Lo riapriremo presto”, assicura l’assessore allo Sport, Daniele Frongia. “Il Comune ha cercato di dare una mano alla Virtus per trovare sponsor e abbiamo indicato anche siti alternativi dove giocare. Ma se la squadra poi non ce la fa ad andare avanti, cosa possiamo fare?”, si chiede l’assessore. Ora chi vorrà far rinascere la Virtus dovrà pagare una penale di 600 mila euro e ripartire dalle categorie inferiori. “Ci vuole una persona con passione, soldi e competenza”, chiosa Bianchini. Arriverà qualcuno?
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